di Alessandra Virginia Rossi
illustrazione di Thomas Borrely
Esistono due tipi di persone. Quelli che imbattendosi nell’account di @makeupbrutalism su Instagram proveranno disgusto e quelli che proveranno l’eccitazione di essere di fronte a un’opera d’arte. Eszter Magyar è una makeup activist che sta sconvolgendo la funzione e la fruizione del makeup, ridisegnando anche il concetto di bello e brutto e non a caso la sua bio su IG recita: the most hated “beauty account” since 2018.
Dopo aver studiato nelle accademie di trucco per la moda, lavorato con tutti i suoi fotografi preferiti ed essersene stancata, l’ideatrice della Uglymakeuprevolution ha deciso di creare e fotografare look in cui ciglia come creste punk, cibo e oggetti disturbanti, sbavature, glitter e diastemi potessero aggredirci mentre scrolliamo foto di gente perfetta, con vite perfette, su sfondi perfetti, aiutandoci a trovarle finalmente noiose.
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Questo mese Talassa protesta. Tu fai parte di una grande rivoluzione del makeup mondiale. Contro cosa protesti e perché?
Voglio liberare il mondo dalla pressione della perfezione. Voglio che le persone realizzino che la bellezza non esiste. Voglio costruire un nuovo sistema di valori in cui creatività, onestà, humor, rispetto eccetera significhino molto di più di una pelle perfetta o di un sorriso impeccabile. In ogni caso non voglio essere ipocrita: so, perché ne ho fatta esperienza su di me, quanto sia difficile liberarsi dalla pressione sociale e io stessa devo far pratica ogni giorno. Siamo nel 2020, sono una donna e non devo essere bellissima per avere successo. Questa è la mia rivoluzione personale.
Così hai fondato l’account @makeupbrutalism e qual è invece la storia dietro quello di @uglymakeuprevolution?
Sai non ricordo di preciso quando sia uscita per la prima volta l’espressione “makeupbrutalism”. Partiamo da un fun fact. Ho fatto qualche workshop sul makeup creativo nella mia scuola di makeup anche prima di creare l’account @makeupbrutalism nel 2018. Ho iniziato con dei close up degli occhi, li ho caricati sul mio account personale @esztermagyarmua ed è stata un’enorme sorpresa accorgersi che le persone li apprezzassero molto più dei miei look da editoriale – quindi ho semplicemente separato i contenuti e lanciato il nuovo account. Ad essere onesta non avevo intenti precisi, semplicemente mi divertiva troppo sperimentare, pormi nuove domande ogni giorno, cercare nuove soluzioni. Di giorno in giorno ho ricevuto attenzioni da parte di gente che ha iniziato a seguirmi. Certamente quando raggiungi un certo numero di follower ci sarà gente che tenterà di ostacolarti con opinioni e commenti. In breve ho iniziato a ricevere commenti come “questo non è makeup” o “è orrendo”. È stato il primo passo verso uglymakeup. Abbiamo cominciato a ironizzare sotto qualche post dicendo “UGLY MAKEUP È IL NUOVO KIM KARDASHIAN!” e a notare quanto ci fosse bisogno di una rivoluzione basata su questo. Così la battuta di spirito si è trasformata prima in un hashtag e poi in un account. Non ci sarebbe uglymakeuprevolution senza makeupbrutalism, da cui, sì, è iniziato tutto.
Andando un po’ più indietro nel tempo però è iniziato tutto coi tuoi studi e il tuo lavoro nel settore della moda. Un ambito in costante cambiamento che immagino ti stimoli molto. Come ti sei inserita in questo mondo e con quali intenzioni?
Ho iniziato i miei studi di makeup nel 2011. Dopo aver frequentato la prima scuola sono andata in un’altra e dal 2013 ho lavorato come freelance in Ungheria. In qualche anno sono diventata una makeup artist affermata, ho lavorato per tutti i magazine mensili, fatto tutte le campagne che volevo, lavorato con tutti i fotografi che adoro. Ma la verità è che mi sembrava di percorrere sempre lo stesso cammino ancora e ancora e volevo salire di livello. Penso che l’Ungheria sia troppo piccola per me e troppo limitante. Lì il tempo sembra fermarsi e io volevo evolvermi, quindi ho deciso di andarmene.
Il punto è che il semplice makeup non mi è mai realmente interessato e mi ci sono avvicinata anche un po’ per caso. Ero giovane, non avevo ancora trovato la mia strada, volevo trovarla e qualcuno mi consigliava di studiare makeup. Così l’ho fatto, ho voluto dargli una chance visto che avevo lavorato per Elle Hungary come assistente stylist perciò avevo già avuto contatti con il mondo della moda. Poi sono stata fortunata a trovare una buona scuola e un buon insegnante che mi hanno fatto innamorare del makeup. La mia prima vera intenzione, però, era trovare me stessa: trovare qualcosa che facesse venir fuori la mia personalità. Tempo prima avevo frequentato la scuola d’arte e vedevo tutti questi studenti con una passione enorme. Io morivo dalla voglia di avere quel talento, ma non ero abbastanza talentuosa in nulla! Penso sia per questo che ho dato una possibilità allo styling e al makeup di diventare il mio lavoro e la mia espressione.
E poi ora ci sono i social a proporre una sfida in più. Instagram, più di altri media, è pieno di immagini che sembrano ridurre il concetto di bellezza all’idea di perfezione o all’essere perfetti. Come intendi sfidare tutto questo attraverso il tuo progetto? Che risultato vorresti ottenere?
Quella che ho in mente è una sorta di azione-reazione. Si potrebbe mostrare alle persone che ci sono anche altre opzioni. Che se accettiamo la “bellezza” dovremmo accettare anche diversi tipi di bellezza, soprattutto quelli che mettono in discussione la bellezza standardizzata. Perché per ora questo termine è troppo esclusivo, troppo limitante. E se tutto va reso bellissimo, nulla sarà più bello davvero, ne distruggeremmo il concetto reale. Forse questo ha senso solo per me… Inoltre ci sono sempre tendenze e controculture, è così che funziona il mondo. Se pensassimo solo in forma binaria, bello e brutto, sarebbe limitante. Uno non può esistere senza l’altro. Nel mondo classico il termine bello comprendeva un concetto sia morale che estetico di bellezza, oggi noi viviamo questo concetto in un modo più superficiale, associando qualcosa di buono solo a qualcosa di bello alla vista. Credo invece che sia possibile sovvertire questo concetto ed essere affascinati dal brutto.
Guardandoti intorno noti altri progetti nell’industria della moda o nel settore culturale che condividono gli stessi ideali di @makeupbrutalism? Per esempio c’è una figura o un brand che secondo te sta cercando di sfidare l’idea di bellezza standardizzata? Mi viene in mente un artista che amo particolarmente: Alexander McQueen. Credo lui abbia sfidato molto il concetto di bellezza attraverso il suo lavoro. Cosa ne pensi di lui?
Certamente non è un concetto nuovo e ci sono tantissime persone tra disegner, hair stylist, chef e artisti di ogni tipo che esplorando la loro stessa estetica contribuiscono alla liberazione del concetto di bellezza limitato di cui ti parlavo. McQueen è senza dubbio uno di loro. Ricordo il giorno in cui è morto. Un’amica venne a trovarmi, aprii la porta e me lo disse. Ho iniziato semplicemente a piangere.
Tu come ti sei accorta di voler passare dall’essere una makeup artista affermata in un mondo standard a un’attivista del ugly makeup? C’è stato un momento in cui sei stata entrambe le cose o lo sei tuttora?
Come ti dicevo ho lavorato come makeup artist ma presto mi sono annoiata. La bellezza non era più abbastanza per me. Volevo qualcosa di più e qualcosa di più significativo, credo. Ricordo la prima volta in cui ho provato questo senso di noia e insoddisfazione. Ero ad uno shooting, con una modella meravigliosa, giovanissima e ho pensato: è questo che faccio della mia vita? Rendere persone già perfette anche più irreali? Quel giorno sono tornata a casa, mi sono seduta e ho iniziato a sperimentare col makeup con texture completamente diverse, mettendo in discussione forme e tecniche.
Penso che la ugly makeup revolution abbia qualcosa in commune col punk, ma non credo sia un semplice revival del punk, lo trovo un concetto molto contemporaneo. Cosa ne pensi? Sei stata ispirata da icone punk o hai avuto qualche influenza musicale?
Da adolescente ero io stessa una punk. Ho sempre adorato la libertà della scena punk su diversi piani, come stile, come cultura, come approccio. Perciò un legame è innegabile e forse è per questo che ci trovi una somiglianza col mio progetto. Certo il mio gusto è cambiato un po’ negli anni ma ci sono band come The Hellfreaks o i Marmozets che mi gasano sempre!
Ciglia come creste punk, cibo come decorazione, denti sporchi di inchiostro, saliva e altri elementi disturbanti come dita e oggetti negli occhi, sono parte del mondo di uglymakeup. Da dove prendi ispirazione, cos’è che stimola la tua creatività?
Sono una di quelle persone che pensano troppo e tutto ciò che vedi su @makeupbrutalism è una manifestazione dei miei pensieri riguardo qualcosa. Uglymakeup invece è un account che curo raccogliendo e ripostando i look creati da altri makeup artist che usano l’hashtag o taggano l’account. Non so come funzioni il processo creativo degli altri, sarebbe interessante chiederglielo e vedere quanto il loro approccio differisca dal mio.
Un altro modo per coinvolgere gente nel tuo progetto è lo shop su Etsy dove si possono trovare t-shirt, poster e album da colorare. Lo consideri parte attiva del progetto?
Sì, è iniziato tutto da certe richieste, commenti su quanto sarebbe stato cool avere certi look su poster o t-shirt. Io stessa ho sempre visto i miei look su t-shirt quindi è stato un ottimo feedback per dare il via a uno shop su Etsy. La gente pensa che per il fatto che io abbia 100k followers faccia molti soldi, ma non è affatto così. Non ho alcuna sponsorship (e non dico questo perché è una cosa che non farei, ma lo farei solo una volta trovati i giusti prodotti, cosa che ancora non è successa) devo ancora lavorare molto con Makeupbrutalism e Uglymakeuprevolution ma è già diventato un lavoro full time negli ultimi mesi ed è incredibile quanto tempo prenda la gestione di tutto: le interviste, creare contenuti, restare in contatto con I follower, lo shop, l’account Patreon e tutti i contenuti extra, come video eccetera. Come makeup artist non ho avuto entrate nell’ultimo mese, quindi questo è il mio solo supporto economico. Non mi sentivo molto a mio agio inizialmente, per questo ho iniziato così tardi, ma sono felice di aver iniziato e non vedo l’ora di incontrare qualcuno con una t-shirt di Makeupbrutalism che, perché no, mi aiuti anche a diffondere un messaggio.
A proposito di messaggi. Il tuo post “woman artist” solleva un argomento importante. Affermi che specificare, in un’artista, il fatto di essere donna, significhi ghettizzarla. Ci sono tanti punti di vista diversi attualmente riguardo il femminismo e questo argomento in particolare per l’arte, ma concordo con la tua visione e credo sia quella che più si avvicina a un concetto di vera parità. Vuoi dirmi di più? Quel post nasce da una serie di eventi. Sono stata alla Tate Modern e ho visto una t-shirt dei “Vantaggi dell’essere donna” delle Guerrilla Girls. Poche settimane prima ero a Budapest nella mia libreria preferita (@irokboltja su IG) e ho visto moltissimi libri riguardo l’arte “femminile”. Fotografia femminile, ad esempio. Ecco, la fotografia è un esempio calzante: si tratta di decidere cosa tenere e cosa lasciare andare di un particolare momento, della realtà che catturiamo. Forse tutti pensiamo in modo differente al mondo che ci circonda, ma se guardiamo nella stessa direzione vediamo tutti le stesse cose. Vediamo lo stesso paesaggio, gli stessi oggetti – forse decideremo diversamente su quale aspetto focalizzarci – ma questa differenza viene dal genere? Sceglierò qualcosa solo perché sono donna? Sceglierei qualcos’altro se fossi uomo? Si nota qualche differenza guardando al risultato?
Un altro fatto è che io amo scrivere poesie e scrivo molto. Ho avuto un periodo “guerrilla” in passato e ho fatto un piccolo libro chiamato Wanika, c’erano 5-6 poesie che riguardavano il sesso. Ne ho lasciata qualche copia in giro in città. Qualcuno che conoscevo ne ha trovata una copia e quando ha realizzato che l’autrice fossi io era totalmente scioccato. “Non avrei mai pensato che fossero scritte da una donna” mi ha detto. Ma perché? Forse perché sono lesbica e scrivo di altre donne apertamente. La gente ha questa concezione di come un uomo o una donna dovrebbero comportarsi, pensare o reagire. Forse è arrivato il tempo di liberarcene. Se riuscissi a raggiungere il livello di artista io vorrei essere un’artista…e basta. Non un’artista donna, non un’artista queer, non un’artista bionda, non un’artista che ama I gatti, non una makeup artist: solo un’artista.
Hai mai pensato di esporre in un museo, organizzare uno show, una live performance? È uno dei miei più grandi sogni ed è tra i piani futuri in realtà! Ho diverse idee in mente per una mostra principalmente fotografica e per delle installazioni. Devo solo capire come funziona e cercare curatori e gallerie che siano interessate ad esporre il mio lavoro, il mio punto di vista. Non mi sono mai vista come artista, non mi definirei così e questo è un altro aspetto su cui so di dover lavorare. Una volta, tramite l’account di Makeupbrutalism, mi sono espressa riguardo l’arte e chi sia un artista. Le mie opinioni impopolari mi sono costate molti nemici! Ho detto che se consideriamo chiunque un artista, nessuno allora è un artista. Essere un artista significa essere su un altro livello, decisamente. Come non tutti coloro che fanno makeup sono makeup artist, non chiunque cucini può essere uno chef. Ho fatto arrabbiare molte persone, ma è un argomento molto complicato l’arte, così come il talento.
Credo, però, che la cosa che riesca meglio a Makeupbrutalism sia trasformare il makeup in una forma d’arte. Al di là di quanto sia pronta tu come artista, pensi che il makeup sia pronto per trasformarsi davvero in una forma d’arte?
Io spero di trasformare il makeup in arte un giorno. È così interessante, il makeup ha così tanti livelli, ha una storia tutta sua che è lunga come quella dell’umanità. È comunicazione, è un linguaggio, è arte, è tutto. Penso che gli esseri umani abbiano il potere di elevare qualsiasi cosa e trasformarla in arte. Se non sarò io a poterlo fare lo farà qualcun altro nel prossimo futuro. Il makeup sarà arte quando verrà strappato via dal solo contesto della moda.
C’è uno show, Euphoria di HBO, che è stato rivoluzionario nel modo in cui mostra un makeup reale, coloratissimo e totalmente nuovo nello stile riuscendo a reintrodurre un modo più stravagante ed esagerato di usare il makeup. L’idea è che non sia invisibile e non serva a “nascondere imperfezioni”. C’è e devi notarlo! Inoltre il makeup è diventato anche simbolo di conquista e libertà nelle persone che fanno parte della comunità LGBTQI+ e che nel makeup evidente vedono un modo di esprimere se stesse in modo libero. Questo è molto interessante se pensiamo che il makeup nasce come un modo per “nascondere qualcosa”. Pensi che anche la rivoluzione di Uglymakeup possa arrivare a cambiare il modo di truccarsi nella vita di tutti i giorni? La maggior parte delle persone usa il trucco per nascondere, ma possiamo usarlo per comunicare, così come per esprimerci eccetera. Il bello è proprio che sta totalmente a noi come usarlo. Per esempio io non lo uso per niente! Non credo nemmeno che il makeup mostri una versione migliore di noi. Sono totalmente a mio agio col mio aspetto e in più ho perso mio padre qualche anno fa e vivo in un paese diverso da quello in cui vive mia madre: ogni volta che mi guardo allo specchio vedo loro attraverso i miei tratti fisici, i miei lineamenti. Non voglio di certo nasconderli, trasformarli e modificarli. È molto più importante che essere belli per gli altri. Non ho mai visto la serie Euphoria ma tutti mi dicono che dovrei per il fatto che contiene questa piccola rivoluzione estetica. Con Uglymakeuprevolution spero proprio di influenzare le persone nell’essere più libere e giocose col makeup, anche al fine di avere un rapporto più sano con se stesse.