Giro di boa è la nuova rubrica di Talassa che analizza una canzone in tre momenti diversi, prendendo spunto dalla profondità del mare. Dalla riva, che racconta l’artista e il brano in generale, alla boa, segnalatrice di frasi interessanti, oscure o controverse nel testo, fino al blu, che rischiara o complica ancor di più il tutto.
di Maurizio Anelli
Riva
Questa storia comincia, ironia della sorte, con l’immagine di un mostro marino nascosto nelle profondità. Si tratta del colombre, ambigua creatura nata dalla fantasia di Dino Buzzati ma anche, da qualche tempo, alter ego del musicista Giovanni Imparato. Se è vero che il diavolo sta nei dettagli, sono bastate poche parole di Imparato sulla canzone di cui sto per scrivere per cercare di capirne di più, per infrangere la superficie.
Servendosi di un post su Facebook Colombre ha scritto qualche settimana fa che il suo amico Riccardo Sinigallia è un artista coraggioso. E lo ha fatto per almeno due motivi.
In primo luogo la bravura nel mantenere una sorta di equilibrio tra quello che ha prodotto per altri e il suo personalissimo percorso musicale. E l’articolarsi di questa dicotomia non è per niente scontato dato che se nel primo caso ha assunto le vesti di vero e proprio Re Mida –ha prodotto il primo disco di Motta, poi Targa Tenco 2016, ha indirizzato Coez verso un certo tipo di scrittura con Non erano fiori nel 2013 e, giusto per fare un esempio un po’ più datato, era nei Tiromancino durante il picco raggiunto dalla band con La descrizione di un attimo–, come cantautore non ha mai fatto scelte banali, ricercando sempre una sperimentazione che esulasse dai confini facili del puro pop. Un po’ come nel suo nuovo album “Ciao cuore”, uscito lo scorso 14 settembre per Sugar Music.
E questo porta al secondo motivo. A metà disco c’è un brano, Le donne di destra, che ha attirato l’attenzione del nostro amico Colombre, e non solo. Un giro di blues di quelli bollenti, una chitarra elettrica, un outro che si perde su effetti inquietanti. Un titolo probabilmente politico.
Ma perché, concretamente, ci vuole coraggio per scrivere un pezzo del genere?
Boa
La canzone è una lente di ingrandimento su una precisa tipologia di donne, “di destra” appunto, da cui Sinigallia è indiscutibilmente attratto. Lungo le strofe sono concentrate varie pennellate che spaziano dalla cura del corpo (le unghie dei piedi smaltate) agli indicatori di benessere sociale (il SUV) e unite fanno emergere un ritratto femminile schietto, di un’ironia venata di malinconia, corredato anche da qualche luogo comune (la donna di ceto medio-alto al mare curatissima fino a sembrare pacchiana).
Ma si tratta di una fascinazione passeggera quella che sente l’artista perché, così velocemente come sono state descritte, queste donne scompaiono dalla sua testa, lasciando però un resto, una traccia, che il brano riesce a recuperare.
Ora immergiamoci nel testo e proviamo ad analizzare alcuni versi chiave:
“Mi piacciono le donne di destra
capaci di tanta indifferenza e ingenuità”
“Mi piacciono le mogli degli altri, che si sanno truccare
come maschi sull’Aurelia o lungo i viali dell’EUR”
“Donne di tutto il resto inconsapevoli
con un’altra intelligenza
fatta di luoghi comuni su una bandiera cangiante
come la prepotenza della loro semplicità”
Blu
Innanzitutto, chi sono le donne di destra?
Sinigallia ne fa per cominciare una questione estetica. Trucco sempre al proprio posto, abbronzatura ok per tutte le stagioni, canoni della moda seguiti fin quasi al grottesco. L’artista peraltro nasce e cresce a Roma e istintivamente verrebbe da pensare a una precisa inquadramento geografico dei personaggi descritti –la zona nord della Capitale–, a cui per esempio aveva già attinto l’immaginario musicale de I Cani, ma che in questo caso rimane implicito.
Il verso sulle capacità di queste donne di truccarsi come uomini è soltanto in parte un passaggio ironico e beffardo. In realtà dice molto sul tipo di opera che Sinigallia ha composto e sul suo percorso di cantautore. Si tratta di un’ammirazione non troppo nascosta verso il lato femminile che innegabilmente ogni uomo possiede. E questo in fin dei conti è un disco che prova ad accostarsi all’universo donna, a parlare con un linguaggio sensibile e romantico, è l’artista che viene a patti con questo suo lato. Quando parla di donne, parla (anche) di sé stesso. Ecco perché ne è inevitabilmente attratto.
Anche ideologicamente la questione non si ferma alla semplice critica. È pur vero che queste donne incarnano una certa frivolezza di costumi e opinioni, resa stucchevole ultimamente dalle correnti populiste che hanno preso piede a livello globale –la loro intelligenza “fatta di luoghi comuni su una bandiera cangiante”–. Ma la forza di andare dritto al punto, il pragmatismo delle loro vite, “la prepotenza della loro semplicità” appunto, è qualcosa da cui va preso spunto. Per stessa ammissione di Sinigallia è ciò che molte donne di sinistra non hanno.
E allora, ancora una volta, lo sguardo sembra puntato dall’altra parte della barricata ma in realtà è proiettato sull’artista, sul suo immaginario e sul contesto socio-culturale in cui vive.