Il club del disco: Le cronache di Narnia

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Cara Ale,

I miei nonni che vivevano in paese avevano un garage spettacolare. Hai presente quando apri la saracinesca di un garage standard e ti si para davanti uno stanzone di cemento malamente illuminato? Ecco, quando aprivi la loro saracinesca ti ritrovavi in un cortiletto interno, con tanto di giardino, posto auto e una rimessa per gli attrezzi e cianfrusaglie varie. Quella saracinesca ai miei occhi di bambino era l’armadio di Narnia e Narnia, manco a dirlo, era la rimessa nel cortile. Ora pensa te che ingiustizia: io dopo anni di attente ricerche a Narnia (!) recuperavo al massimo un paio di palloni sgonfi e invece quel culato di Debayan Sen nel 2014 ha ritrovato in un baule nell’attico di casa (a Calcutta, in India, mica a Narnia!) un misterioso vinile con la foto e il nome della madre. Che te lo dico a fare: i palloni sgonfi (di Narnia!) non valevano una mazza. E il vinile della mamma di Debayan? Centinaia di dollari su Discogs.

Nonostante il profondo senso di ingiustizia, alla fine la curiosità ha avuto la meglio e quando Pitchfork ha riportato la notizia qualche tempo fa ho ascoltato anche io ”Disco Jazz” di Rupa. E niente: quel culato di Debayan Sen si è trovato tra le mani un gran disco. A parte la hit in apertura che è Moja Bhari Moja‘ – la ascolti una volta, la canti per sempre, sperando di non stare imprecando in bengalese – ”Disco Jazz” ha delle strumentali allucinanti. È il caso di Aaj Shanibar una specie di Veliero di Lucio Battisti dall’altro capo del mondo (che al momento ha superato il milione e mezzo di visite su YouTube).

Dopo il trip assurdo in India, gentilmente offerto da Rupa & son, ho fatto in fretta e furia le valigie per il West Africa (metaforicamente, ahimé) in compagnia di Pablo Nouvelle. La sua Milambi, costruita tutto intorno alla bella voce della cantante beninese Angélique Kidjo, è un pezzo spaziale che sembra raccogliere l’eredità dei nostri cari Populous e Clap Clap, il che non è poco insomma. Ecco lo sapevo: adesso m’è venuto il mal d’Africa e il mal d’India e a casa non ci voglio tornare. Maledetti viaggi metaforici (ma pur sempre viaggi oh). Per fortuna che c’è Disco Simsim.

Saluti da Calcutta, dal Benin, ma soprattutto da Narnia,

gab.


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Caro Gab,

una settimana difficile: un altro rapper morto, un nuovo eccentrico discografico in circolazione, l’ennesimo memorabilia di Morgan messo in vendita su Ebay. Inoltre la Milano Fashion Week va avanti e chi può se la gode. Dal canto (partenopeo) suo, anche Liberato è tornato a stuzzicare la curiosità di tutti… Sono un po’ stanca di tutto questo glamour, di tutta questa vita patinata e caotica. Come Debayan Sen vorrei trovare anch’io un tesoro nascosto e impolverato. Qualcosa che, seppure di grandissimo valore, sia un po’ fuori dal tempo, assurdo, sottovalutato da tutti ma che mi faccia intenerire, commuovere, emozionare davvero.

Pochi anni fa nella Biblioteca Nazionale di Roma è stata scoperta, ad opera dell’Università di Roma Tor Vergata, una lettera autografa di Marcel Proust nascosta tra le pagine dei libri di un suo illustre studioso ormai deceduto. La lettera è poi andata finalmente a completare l’epistolario a cui mancava, chiudendo un cerchio che, aperto da chissà quanto, faceva trascorrere notti insonni a tutti gli studiosi, ai dottorandi e agli appassionati di romanzo francese del mondo. Chissà che sensazione ritrovarsela davanti.

Non molto diverso dev’essere stato, pochi mesi fa, per Matt Vaughan, proprietario dello storico Easy Street di Seattle, ritrovarsi fra le mani un assegno di 26$ intestato a Kurt Cobain e mai riscosso (il termine era il 3 giugno del 1991). Quel pezzetto di carta ci dice che siamo ai tempi di “Bleach”, l’inizio di tutto, e Seattle da qualche anno viveva il momento d’oro della musica alternativa. L’Easy Street aveva anche un bar e una sala concerti che ha visto passare centinaia di band prima di chiudere in tempi più recenti. Fra le reliquie riportate alla luce da Vaughan anche una ricevuta di pagamento per l’affitto e una fattura di prestazioni mediche: tutte appartenute al leader dei Nirvana.

 Non finirò mai di rallegrarmi dell’emozione che comportano certi oggetti materiali testimoni di tempi andati, legami finiti, persone scomparse. Lo sai, Gab, quanto sono analogica… e quindi evviva coloro che raccolgono le tracce lasciate nel tempo! Come fa “Napoli Segreta”, un progetto di Lorenzo Sannino e Gianpaolo Della Noce che, insieme ai Nu Guinea, dal 2018 pubblicano compilation che recuperano brani a rischio sparizione. Da tirature limitatissime a mercatini sgangherati e polverosi, da 45 giri trovati su un banchetto nei vicoli di Napoli a vecchi nastri registrati solo per il pubblico più prossimo (Campania, massimo Sicilia) i due dj e collezionisti hanno salvato la testimonianza di un mix travolgente di culture che tra i 60’e i i 70’s proveniva dall’America (complice anche la presenza della base NATO del Mediterraneo) e fondeva le sue sonorità funk, fusion, disco con l’inconfondibile carattere dialettale e etnico del nostro mezzogiorno. “Cher’è ‘sto trash?” si sono sentiti chiedere Sannino e Della Noce. La realtà è che secondo loro questo scrigno di tesori è, non solo testimonianza della potenza musicale che caratterizza Napoli da sempre con i suoi Pino Daniele e James Senese, ma anche il segno che la città splende ancora e costruisce la sua forza tra avanguardia e retroguardia.

Saluti dalla mia soffitta polverosa da cui a questo punto mi aspetto molto,

Ale

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