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Ogni settimana su “Il club del disco” commentiamo e analizziamo le novità più interessanti in ambito italiano e internazionale. Ogni mercoledì (a volte anche il martedì), invece, pubblicheremo anche qui sul sito il contenuto che gli iscritti al canale telegram hanno letto qualche giorno prima.
Caro Gab,
di cosa parlare se non SOLO del disco di Eminem fino al 2021? Come un easter egg nascosto nella distopica serie tv che è il nostro tempo, “Music To Be Murdered By” è uscito a sorpresa una fredda notte di gennaio e sta facendo molto casino, sì, ma c’è un ma.
Ricordi quando nel 2002 in White America il rapper bianco di Detroit faceva fioccare i suoi migliori fuck you su Lynn Cheney e Tipper Gore, meglio conosciute come le madri del parental advisory? Beh la cosa fece eco in tutto il mondo e pure se a noi forse fregava poco di un provvedimento politico americano sulla libertà di espressione, tutti ne avemmo notizia: dalla piccola Ale che ascoltava Slim Shady a Roma, al piccolo Joselito che lo idolatrava nelle Filippine.
Allo stesso modo eravamo entrambi al corrente (sia io che Joselito) di come Eminem nella sua fantasia massacrasse a morte quella bitch di Debbie che lo aveva fatto crescere in una roulotte e quella pazza sconsiderata di Kim le cui urla assordanti fanno da sottofondo al pezzo omonimo a lei amorevolmente dedicato.
Marshall Mathers era il mio eroe ribelle, il mio scrittore preferito, un fratello maggiore che mi incoraggiava a resistere tra i banchi della mia stupida scuola media (quanto somigliavo più a Trucebaldazzi che non al mio idolo). Le minacce a chiunque non mi hanno mai sconvolto. Le imprecazioni contro sua madre non mi hanno mai ispirato a rompere le balle alla mia (anche perché…). Le mazzate a Kim non mi hanno mai fatto pensare che potessi risolvere qualcosa con la violenza. Non ho mai fatto caso che le bersagliate fossero donne e non ci farei caso neanche ora se non per questa psicosi collettiva attuale che mette, perfino me, in allarme non appena sento dire una parola di troppo sulle donne e allora scatta il panico-rischiodiemulazione-doveandremoafinire-tuttistron*i-virilitàincrisi.
Ora, ok che qui al posto di Eminem abbiamo a che fare con Amadeus e Junior Cally e Salvini e…mi fermo qui. Però il punto è che stiamo demarcando sempre di più, e in modo malsano, i confini fra uomo e donna che distanti non sono e non saranno mai. In più lo facciamo scatenando un’ansia da specificazione per ogni cosa detta. Abolendo il valore simbolico di tutto ciò che è cultura ci stiamo perdendo tutto lo spettro di emozioni che questa ci ha sempre aiutato ad elaborare. Da qualche anno abbiamo deciso di prendere alla lettera, ma al contempo molto superficialmente, ogni sillaba, soprattutto se scritta sui social. E sappiamo che solo quando una cosa è sui social esiste. “Vada ad insultare le donne a casa sua”. Infatti in certe case le violenze si consumano all’oscuro di tutti. Nei testi delle canzoni si sublimano e si esorcizzano, invece, le nostre paure, la nostra rabbia e le nostre felicità.
Kim era una bitch e Debbie una tossica perché questa è la storia di MM. Fine. Senza dubbio pure Eminem sarà stato un piantagrane. Chi vuole può scriverci su una canzone rappando, se ci riesce, più velocemente di lui in Godzilla feat. Juice Wrld 💣💣💣
Saluti entrando ai VMA con centinaia di miei cloni,
Ale
Cara Ale,
Volevo trovare uno sfottò adeguato per celebrare il tuo ingresso ufficiale negli -enta, ma poi ho pensato che con gli adulti non si scherza e allora ho desistito. Aprofitto del discorso su Eminem e Junior Kelly per aprire un’altra questione che ultimamente mi sta parecchio a cuore: i pregiudizi sul rap e sulla trap. Hai presente quando Kendrick Lamar in DNA. campiona i reporter di Fox che criticando Alright dicono ”Lamar stated his views on police brutality with that line in the song, quote: “And we hate the popo, wanna kill us in the street fo’ sho’.” Oh please, ugh, I don’t like it’‘? Ecco, a me pare che in Italia il discorso sul rap e sulla trap si fermi ancora troppo spesso al livello della sparata di cui sopra.
Considerando che, a conti fatti, la mia home di Facebook è popolata per la maggior parte da persone che in qualche modo hanno a che fare o sono interessate al mondo della musica, mi cadono le braccia quando ogni tanto leggo ancora di stati che paragonano il rap e la trap alla merda, a dispetto di generi o artisti (leggi: cantautori) considerati i veri messaggeri della bellezza e della poesia.
Bullshit. O detta diversamente: quando la smetteremo di avere questo atteggiamento di superiorità (decisamente assurdo e ridicolo) verso un genere che sta scrivendo un pezzo fondamentale della storia della musica? Senza nemmeno mettere in mezzo per l’ennesima volta il Pulitzer a Lamar (ecco qua) e volendo restare in Italia: sul serio si mette in dubbio la ventata di freschezza e qualità portata da artisti come Salmo, Achille Lauro, Capo Plaza, Massimo Pericolo, Speranza e compagnia? Non sto parlando di gusti, chiaro, e non credo che sia oro tutto quello che luccica, ma mi sembra davvero ingiusto non considerare come tali artisti che tanto a livello della produzione che dei testi stanno portando la musica italiana verso territori nuovi, in molti casi emozionanti. Fortunatamente i passi in avanti ci sono, come hanno dimostrato ampiamente le puntate de L’Assedio di Daria Bignardi.
Non mi resta che chiudere questo piccolo sfogo con una buona notizia, a metà: Tyler, the Creator ha vinto il suo primo Grammy con “Igor”: Best Rap Album secondo gli Awards (e anche secondo me). Intanto, come ha rimarcato l’artista, vincere un Grammy è una cosa pazzesca, “but also it sucks that whenever we—and I mean guys that look up to me—do anything that’s genre-bending or anything—they put it in a rap or urban category”. Senza niente togliere alla bravissima Billie Eillish, io non vedo l’ora che un album come “Igor” vinca un Grammy come Record Of The Year.
SALUTI IN CAPSLOCK. DAMN.
gab.
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