Personale: Jessica L. Wagner – Denver Art Museum


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Personale è il nuovo format di Talassa Magazine dedicato al mondo dei musei e delle gallerie. È una mostra intima di volti, storie e punti di vista critici degli addetti ai lavori del settore. 3 stagioni da 5 episodi ciascuna. 15 interviste brevi e 15 grafiche inedite d’autore, ispirate alle risposte degli intervistati. Per ogni stagione una domanda è sempre legata a un tema preciso. Il tema della stagione 1 è il femminismo.

Personale is the new format by Talassa Magazine focusing on the world of museums and galleries. It is an intimate exhibition of faces, stories and critical points of view of the sector. It is 3 thematical seasons of 5 episode each; 15 short interviews and 15 original graphics inspired by the interviewees’ answers. For each season, one interview question will be based on a specific topic. The theme of the first season is feminism.

di Clio Biasco, Gabriele Naddeo e Benedetto Puccia

Season 1: Femminismo – Episode 1: Jessica L. Wagner (Denver Art Museum) / poster: Thomas Borrely


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1. Chi sei e in cosa consiste il tuo ruolo?

Mi chiamo Jessica L. Wagner e attualmente sono “Corporate Partnerships Associate” al Denver Art Museum (DAM) di Denver, in Colorado. Mi occupo principalmente di sviluppare, negoziare e portare avanti collaborazioni strategiche per il finanziamento del museo. In generale, negli anni mi è capitato di lavorare nei più disparati dipartimenti di musei e piccole no profit artistiche: da fondatrice e membro del consiglio fino all’amministrazione, organizzazione di attività didattiche e organizzazione di eventi, membership, servizi per i visitatori…

Who are you and what is your role?

My name is Jessica L. Wagner, I’m currently the Corporate Partnerships Associate at the Denver Art Museum (DAM) in Denver, Colorado. I work in a development role, which negotiates and nurtures strategic funding partnerships for the museum. Though at one time or another I’ve worked roles in almost every department within museums, and small arts nonprofits, from founder and board member, to administration, education, events, membership, visitor services…

2. Come racconteresti il luogo in cui lavori?

Il DAM è una delle più grandi istituzioni artistiche tra Chicago e la West Coast. Il museo conta su uno staff numeroso, con 347 impiegati e 461 volontari. Onestamente credo che le strutture e gli uffici del DAM siano tra i migliori in cui io abbia mai avuto l’opportunità di lavorare. Dal punto di vista delle mostre e del programma degli eventi, il museo si concentra su attività educative all’avanguardia. Soprattutto, è un’organizzazione leader a livello internazionale per quanto riguarda le mostre e le attività dedicate alle famiglie e ai progetti di integrazione.

How would you describe your workplace?

The DAM is a sizeable museum, one of the largest art institutions between Chicago and the West Coast. The museum has a comparably large staff, with 347 employees and 461 volunteers, and honestly the DAM museum buildings and offices are some of the most beautiful spaces I’ve had the opportunity to work in. Exhibition and programming-wise, the museum is very much focused on ground-breaking educational programs and being a global leader in it’s family-oriented, integrated, gallery and program experiences.

3. Una mostra che ti ha cambiato la vita?

Facile! Sono cresciuta giusto al centro dello stato del Michigan, in una città molto piccola. Ero ventenne la prima volta in assoluto che ho messo piede in una grande galleria d’arte, ovvero il Detroit Institute of Art (DIA) a Detroit, Michigan. Il DIA ha una meravigliosa collezione permanente di arte contemporanea, che include l’opera di Barnett Newman Be I (second version). Il lavoro di Newman è questa straordinaria tela espressionista in acrilico rosso intenso, molto grande (274x213cm), con un’unica striscia verticale bianca che scende in basso al centro. Questo è stato il momento cruciale in cui ho deciso di intraprendere una carriera in ambito museale: quel sedersi accanto all’opera, osservare i visitatori fermarsi a guardarla, quindi spostarsi puntualmente per allinearsi con la linea centrale bianca. Quel voler assistere a un’esperienza umana condivisa, finendo per domandarsi cosa si stessero domandano gli altri visitatori.

What is an exhibition that changed your life?

Easy! I grew up smack-dab in the middle of the state of Michigan in a very small town. The first time I ever stepped foot within a large art museum, was when I was twenty years old, at the Detroit Institute of Art (DIA), in Detroit, Michigan. The DIA has a really gorgeous permanent contemporary collection, which includes Barnett Newman’s ‘Be I (second version)’. The Newman work is this amazing deep red, very large 9’x7’, acrylic abstract expressionist piece, with a single white ‘vertical zip’ down the center. Sitting by that work, watching visitors, stop, look at the piece, then slide themselves to align with the white center line, every single time! Seeing the shared human experience, wondering what they were “wondering”, that was the deciding moment of myself jumping into a museum career.


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poster by Thomas Borrely


4. Una problematica attuale legata al tuo settore?

Gli stipendi… una questione di vecchia data nel settore museale. Però, è un problema che ha raggiunto (forse non ancora del tutto) il suo punto critico. Gli addetti ai musei sono oberati di lavoro, sottopagati e spesso visti come sostituibili, considerando che le posizioni in ambito museale sono molto desiderate e difficili da ottenere. Ci sono senz’altro tanti fattori che contribuiscono ad assottigliare gli stipendi, ma il modo in cui i musei degli Stati Uniti sono finanziati, ovvero privatamente – cosa che tra l’altro avviene grazie al lavoro assiduo di team dedicati a questo scopo – e con poca assistenza da parte del pubblico, contribuisce non poco a ridurre lo stipendio del personale. I donatori, sia privati che aziendali, e le fondazioni preferiscono finanziare le mostre, considerate molto più “più appetibili” rispetto ad altri tipi di costi basici da dover coprire, come quello del personale. In altre parole, la stabilità finanziaria degli operatori museali è puntualmente l’ultima priorità di molte organizzazioni culturali.

Can you tell us about a current issue related to your sector?

Wages… a long-standing issue within the museum sector. BUT an issue that’s now reached (maybe not quite yet), it’s boiling point. Museum workers are very overworked very, very underpaid, and often seen as replaceable due to museum positions being desirable and competitive. Also, there are so many factors that contribute to bare bones museum salaries, but the manner in which United States museums are funded, privately through the blood, sweat, and tears of some pretty amazing development teams, with little government assistance, greatly contributes to low pay for workers. Donors, both individuals, corporate, and foundations find funding programs and exhibitions much more exciting and ‘sexier’ than contributing to hard costs, such as staff salaries. In other words, the museum worker’s financial well-being comes in just about dead last in priorities of most museum institutions.

5. Cosa pensi si possa fare nel concreto per migliorare la situazione al riguardo? 

Penso che sia disperatamente necessaria una rivalutazione del settore che metta al centro i lavoratori di quest’industria, che sono davvero la spina dorsale di ogni museo. L’atteggiamento deve cambiare da un “la situazione è questa, da sempre, e devo accettarla per lavorare nel campo museale”, verso un “esiste e ci dovrà essere un modo per risolvere questo problema, perché il lavoro che facciamo è prezioso per il museo e per la comunità, quindi meritiamo salari competitivi.” In ogni caso, un’ondata di cambiamento sta prendendo piede: la si vede nei principali musei come il Guggenheim, il New Museum o il Frye Art Museum di Seattle, dove ci si sta organizzando in sindacati. In più, molti lavorati di alcune grande istituzioni del settore stanno facendo gioco di squadra, condividendo sul web informazioni utili circa gli stipendi, i tipi di lavoro disponibili, i benefit e le pari opportunità.

What do you think the sector could do to address this issue?

I think a serious examination of we as a sector value the workers that are the backbone of the museum is desperately needed. The attitude needs to shift from, ‘this is how it’s always been, and it’s acceptable because I want to work in museums’, to ‘there is and will be a way to fix this, the work we do is invaluable to the museum and the community, therefore we deserve living, competitive, wages.’ The wave of change is beginning, we see it in major museums like the Guggenheim, the New Museum, the Frye Art Museum in Seattle, forming unions. There is also a push to share salaries and benefits within the sector, case in point, a shared Google spreadsheet listing salaries, job titles, benefits, gender, and race catching fire and spreading around the internet, with workers from major institutions all across the country sharing information with one another.

6. Cosa significa per te femminismo?

Per me Femminismo significa rendersi conto del fatto che le donne sono state sistematicamente costrette a un ruolo subalterno, a causa di una lunga storia di società patriarcali internazionali. Significa capire la Storia, rendendosi conto delle convinzioni sbagliate e radicate e delle conseguenze che derivano da tali convinzioni. Soprattutto, significa impegnarsi ogni giorno attivamente nel proprio piccolo per affrontare e superare queste convinzioni e questi pregiugidizi così consolidati.

What does feminism mean to you?

Feminism to me, means fully realising that women have systematically been held in a “lesser than” position by a very long history of patriarchal global societies. It means understanding history, recognizing the wrongs and ingrained beliefs, and the full impact of those beliefs. And it first and foremost means actively working to address and challenge entrenched prejudices on a daily basis in any small or large way that we’re able to.

7. Ti va di consigliarci 1 addetto ai lavori, 1 mostra e 1 libro o catalogo?

Una persone che mi ispira: Maria Balshaw, che al momento è direttrice delle gallerie Tate. È una leader fantastica, una pioniera, oltre che un essere umano veramente eccezionale. Una mostra: Claude Monet: The Truth of Nature, che abbiamo ospitato al Denver Art Museum dal 21 ottobre al 2 febbraio 2019. Un libro o catalogo da non perdere: Work Party di Jacylyn Johnson, CEO e fondatrice di Create & Cultivate. Il libro, il podcast e l’intera piattaforma di Create & Cultivate ruotano intorno a donne forti che si sono venute incontro per aiutarsi e coltivare carriere ambiziose, grandi imprese e grandi aspirazioni.

Would you like to suggest us 1 person from the sector that inspires you, then 1 exhibition and 1 book or catalogue that we should not miss?

One person that inspires me: Maria Balshaw, currently the director of the Tate museums, a fantastic, innovative leader and a really excellent human being. One exhibition: Claude Monet: The Truth of Nature, coming to the Denver Art Museum, October 21st- February 2nd, 2019. One book or catalogue not to miss: “Work Party” by Jacylyn Johnson, CEO and founder of Create & Cultivate. The book, the podcast, and the entire platform of Create & Cultivate, revolves around strong females and coming together to lift one another up and cultivate big careers, big businesses, and big dreams.

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