Color Fest: foto gallery e report dal day 2


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Foto e testo di Patrizia Migale

E’ il 4 agosto 2019. Il sole scalda ancora e la cosa pare non essere particolarmente apprezzata da Giorgio Canali, che si trova ad aprire questa giornata con un live pre-tramonto poco in linea con le sue canzoni con la pioggia dentro. Forse non si vede, ma si sente tutta, la pioggia dentro. E poi qualche pezzo classico, come Nuvole senza Messico, una Lezione di poesia e infine dei Mostri sotto il letto. Giorgio e i suoi Rossofuoco scendono dal palco, ma rimangono a godersi il resto dei live e qualche chiacchiera al merch.

Qualche pezzo del rapper Murubutu e il Color si fa, sul terzo palco, anche momento presentazione come quella di “Politics – La musica angloamericana nell’era di Trump e della Brexit”, scritto da Fernando Rennis, edito da Arcana. L’ora del tramonto è adesso, sul palco principale, tutta dei Massimo Volume, a testimoniare che il festival riesce ad abbracciare una varia proposta musicale per entrambi i giorni, tutta unita da un solo elemento: la qualità.
Mimì, al contrario di Canali, apprezza quest’ora della luce che sparisce e della luna che incombe da dietro il palco. Si addice al loro rock psichedelico e a quei testi così crudi e struggenti. Qualcuno, nel post concerto, avvista Dario Brunori tra la gente. Neanche a dirlo, nel giro di due secondi viene accerchiato da ragazzi e lui, per difendersi, esordisce con uno “Ragazzi, vi sbagliate! Non sono io!”.

Il terzo palco si riaccende per dare voce alla combriccola di Spaghetti Unplugged, con il format dell’open mic con tanto di menù che, tra gli altri, offriva un piatto di “La Stazione”, altra perla di Mamma dischi. Ci troviamo adesso sul palco Cuzzocrea, qualche gag degli Eugenio in via di Gioia (che non sono i Pinguini), con la loro ammirevole lotta per un mondo migliore per la Natura Viva e si arriva all’atteso live di Motta. Uno spettacolo cresciuto molto da quella Fine dei 20 anni, curato tanto nella scenografia -molto misteriosa, un palco buio con improvvise luci bianche o rosse e alle spalle un simbolo unico che alterna le lettere del suo nome- quanto nei talentuosi musicisti. Una prorompente Miss Keta ed è tempo di Linoleum dj set e Dj Fabio Nirta, che nel pomeriggio di entrambi i giorni si era già dilettato a metter su qualche bel disco.
In consolle suona ancora Dj Fabio Nirta che, sulle prime note di “Canzone contro la paura” prende il microfono per dire “Ragazzi, Dario Brunori è qui con noi stasera e mi aveva chiesto il brano Lamezia-Milano, ma io sono un figlio di ***e metto questa.”. E quindi il nostro Dario è stato smascherato.

Il Color Fest sta giungendo al termine, gli occhiali da sole sono ormai riposti in tasca ma c’è ancora un po’ di tempo per farsi una birra e rilassarsi n po’ prima di andar via. La location, anche a tarda notte, si presta a fare da punto di incontro tra diversi ascoltatori: c’è chi vive tutto l’anno in zona ed aspettava da qualche mese di vedere un concerto “comesideve”, c’è chi studia “fuori” e si appresta a far i paragoni tra il live nel club di città e il live del festival; c’è chi lavora altrove e ha visto praticamente tutti gli artisti fino a qualche settimana prima e al Color è voluto venire lo stesso. Perché in Calabria la musica, che non è quella folk, spesso ha uno spazio piccolissimo. Quasi inesistente, perlomeno nelle grandi manifestazioni. E allora è bello poter vedere qualcosa di grande dove non lo hai visto mai.

Alcuni ritratti per dare un volto a tutti i volontari impegnati per il Color Fest i mesi addietro, ai ragazzi della sicurezza e agli artisti: