Giro di boa #12 – “Love Anthem EP” di Venerus

Giro di boa è la nuova rubrica di Talassa che analizza una canzone in tre momenti diversi, prendendo spunto dalla profondità del mare. Dalla riva, che racconta l’artista e il brano in generale, alla boa, segnalatrice di frasi interessanti, oscure o controverse nel testo, fino al blu, che rischiara o complica ancor di più il tutto.


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di Maurizio Anelli

Riva

Può essere la notte uno spazio abitabile? Se penso alle ossessioni di Franz Kafka o, molto più vicino al nostro modo di intendere il mondo, al video girato per L$D di A$AP Rocky, abbiamo già elementi considerevoli per fare dell’ora più buia qualcosa di fisico: quest’ultimo aggettivo non inganni, si parla comunque di un’entità ossessiva, distorta, a tratti lussuriosa.

Venerus, con i suoi primi lavori, ha ricamato un immaginario tale da essere un’emanazione diretta di questa oscurità allettante, come un personaggio di una favola nera. Se con l’EP A che punto è la notte si era rivelato al grande pubblico guidando il suo soul brillante e contaminato attraverso gli stretti vicoli (mentali) di una stanza da letto, dell’insonnia e del buio, con Love AnthemEP splittato in una prima parte uscita il 10 maggio e in una seconda che esce oggi – ci ha confermato che gran parte delle cose interessanti nella (sua) vita accadono di notte: probabilmente questa convinzione ha attecchito quando, saltata improvvisamente un’importante esperienza a Los Angeles, si è ritrovato – senza una casa – a dormire sul divano di un amico per rifugiarsi in certi malinconici sogni, che in prima battuta hanno dato origine al singolo Dreamliner e ora ce lo restituiscono mascherato da satiro, creatura allo stesso tempo grigia e tentatrice.

Scendiamo più giu.

 Boa

Il 2019 è stato per Venerus un anno musicalmente molto impegnativo: il suo nome è apparso su diverse produzioni, figlie di una scena più sperimentale rispetto al nuovo mainstream incarnato, per esempio, da Charlie Charles e Dardust. I nomi sono quelli di Gemitaiz, Izi, Frenetik & Orang3, Wrongonyou, tutta gente che nel tempo si è saputa evolvere artisticamente e di cui l’autore di Love Anthem ha sporcato con stile gli ultimi lavori.

Tornando alle sue canzoni, le due del suo ultimo EP ci consegnano tendenze vecchie e nuove, sapientemente lavorate con la fondamentale collaborazione di MACE: le sonorità jazz e funk americane degli anni 60’ e 70’, il pianoforte, l’hip-hop e la trap. Venerus è un Giano bifronte o, se preferite un riferimento più pop, l’elusivo Gemini dei Cavalieri dello Zodiaco: ci traghetta prima attraverso la notte spensierata da club (Love Anthem No.1) per poi farci atterrare tra le coperte di Al buio un po’ mi perdo, dove la pista diventa una stanza fin troppo silenziosa.

Concentriamoci sui testi delle due canzoni:

Love Anthem No.1

Penso come a volte gli altri parlano
Non oso immaginarmi cosa pensano
Come se volessi essere stronzo

A quelle nostre prime notti magiche
Cuore e cielo benedirono i due amanti
Piovvero diamanti
Son cose da matti

Al buio un po’ mi perdo

Ho visto Dio cader dal cielo senza far rumore
Con le ali in fiamme e gli occhi persi, pieni di terrore
Toccare il fondo meramente di quel suo profondo amore

E poi mischio tutto, manco capisco
No, non è vero, capisco tutto
Che sento nessuno padrone del mondo
Si crepa il mio scudo che è fatto di vetro

Blu

La prima canzone ruota, come ammesso dallo stesso Venerus, attorno alla frase “come se volessi essere stronzo”, ripetuta per ben quattro volte. È una sorta di ammissione della sua personalità weird e un po’ sociopatica e delle difficoltà che trova a rapportarsi con il mondo esterno. Questa prospettiva cambia nel momento in cui l’artista si rapporta con la persona che ama: alla dimensione crepuscolare si aggiungono questa volta atmosfere da Mille e una Notte: il cuore, il cielo, i diamanti. Questa relazione assume una componente salvifica: non ultimo Venerus supera il rapporto conflittuale anche con sé stesso.

Le paranoie tornano a farsi sentire nel secondo brano, qui il problema più grande sembra essere la totale mancanza di una guida che dia un senso al mondo: perfino Dio, qui rappresentato come caduto dal cielo come se fosse il Satana di John Milton, si è consumato d’amore per l’umanità e l’ha lasciata nel caos. Tutte queste nitide visioni albergano nella testa di Venerus, vedendo svanire le proprie certezze come quelle (nulle) che dà il possedere uno scudo fatto di vetro, destinato inevitabilmente a rompersi. Mi immagino, però, che ognuno di quei frammenti sia una canzone e uno shock, con cui si può decidere se tagliarsi o, invece, riflettere la luce.