Giro di boa è la nuova rubrica di Talassa che analizza una canzone in tre momenti diversi, prendendo spunto dalla profondità del mare. Dalla riva, che racconta l’artista e il brano in generale, alla boa, segnalatrice di frasi interessanti, oscure o controverse nel testo, fino al blu, che rischiara o complica ancor di più il tutto.
di Maurizio Anelli
Riva
Se c’è un disco uscito in Italia negli ultimi due anni che sia prepotentemente rimasto al centro del mio immaginario, sempre fedele e coerente a sé stesso, quello è Pulviscolo di Colombre. Da qui è scaturita l’idea di rendere il settimo episodio di Giro di boa un po’ speciale: ho provato infatti a rendergli merito in ogni sua parte, prendendo qualcosa di significativo da ciascuna delle otto tracce che lo compongono.
Pulviscolo è un’opera di appena 25 minuti, ma leggera solo all’apparenza. Una riprova potrebbe essere il fatto che fino ad oggi non è più uscito nulla, nemmeno un singolo, che portasse il nome del progetto Colombre. Questo dà l’idea di un lavoro complesso, caratterizzato dalla necessità di essere ben assorbito e interiorizzato. Non solo da parte dell’ascoltatore ma anche dall’autore stesso.
Dopo diversi ascolti prolungati nel tempo posso dire che l’opera prima di Giovanni Imparato/Colombre incarni un rito di esorcismo. E tutto nel disco conduce a un desiderio di allontanamento da qualcosa che si teme. Vale a dire, l’essenza dell’omonimo racconto di Dino Buzzati a cui Imparato si è ispirato per dare un nome al suo progetto solista.
Nelle pagine dello scrittore il Colombre è un mostro marino che lega il proprio destino alla vita del marinaio Stefano Roi. Quest’ultimo passa la vita in mare, scappando inconsapevole dalle grinfie della creatura. Con l’avvicinarsi della sua morte deciderà invece di affrontare il suo nemico, scoprendo che l’eterno inseguimento era motivato da una nobile ragione: il mostro non era che un messo del Re del mare, inviato a consegnarli una perla in grado di esaudire ogni suo desiderio. Una vita passata a scappare da qualcosa di cui non si sa nulla, per poi arrivare alla soglia dell’oblio mortale con la certezza di aver sprecato un beneficio dalle potenzialità infinite. È come se Imparato si sia voluto cautelare incidendo queste otto canzoni, prima di tutto attribuendosi il nome della paura stessa, e in secondo luogo provando a cantarla per accoglierla e farla sua, e così facendo paradossalmente allontanarla da sé.
Siamo pronti per scendere più giù.
Boa
Pulviscolo è senza ombra di dubbio un disco pop, nel senso più fresco del termine. Il risultato è una serie di tracce che variano molto l’una dall’altra, rispettando però l’impronta minimalista scelta da Colombre. E questo, indubbiamente, funziona. Ciò che realmente fa la differenza sono i dettagli e gli arrangiamenti. Vale per il singolone simbolo del 2017, Blatte, che è tanto arrabbiato nei toni quanto sopraffino nei cori soul e nelle atmosfere r’n’b, con Iosonouncane a fare da garante sulla traccia. Vale per le chitarre acide di Dimmi tu come per i virtuosismi –registrati in presa diretta– di Fuoritempo, la cui stralunata jam session finale rispecchia in pieno la sensazione del cantautore di sentirsi fuori da ogni tipologia spaziale e temporal.
Capita, poi, man mano che l’ascolto procede, di afferrare la mano che Imparato ci tende, un po’ sardonico un po’ solenne e amaro. Ed essere trasportati in un altro luogo. Forse, in un’altra epoca. Siamo davanti all’esotismo straripante del disco: questo elemento si articola nella melodia da “Mille e una notte” di T.S.O., passando per il ritmo catchy di Sveglia, sino ad arrivare al Deserto dell’ultima traccia, su cui veglia ancora silenziosa l’ombra di Buzzati, questa volta con l’attesa spasmodica che riecheggia nel romanzo Il deserto dei Tartari. Colombre è fin da subito sincero e il riconoscimento delle paure e dei fallimenti che gli appartengono è una camminata incerta su una strada infida, quindi la fuga temporanea verso altri lidi sembra la scelta più facile e meno dolorosa. Ma uno scioglimento finale avverrà, il Colombre emergerà dalle profondità per rivelarsi, e tra un attimo vedremo come.
Prima, come consuetudine, concentriamoci sui testi.
Pulviscolo
Mi son tagliato
molto i capelli
Davanti lo specchio
E mentre cadevano
Restavo immobile
E c’è voluto
poco o niente
Per ritrovarmi da solo
In un nuovo mattino
Fuoritempo
Le prospettive intorno
a te cambiano
E ballano mentre
tu sei fuoritempo
Blatte
Forse non ti avrò
mai capito
Ma ho pensato
Che le blatte
si nascondono in casa
Tra i panni sporchi
E aspettano il buio
T.S.O.
Hai perso la rotta
Con mille pasticche
E una fossa
ha aperto il mare
Non ti riconosco
Sei molto cambiato
E diverso
da qualche anno fa
Dimmi tu
Dimmi tu cosa faresti se non avessi me
Annegheresti
in un medicinale
Ci perderemmo
nello spazio interstellare
Alla deriva
in un mare tropicale
Sveglia
Fottetevi
voi e l’universo
Con la terra nella bocca
Non ho nulla da perdere
Mi fate schifo
e non voglio vedere nessuno da qui
Bugiardo
Perché
Tu vali molto più
di me che affondo
E non so pentirmene
Ma niente rende
più umili di un addio
Deserto
Sai che un nuovo oceano
Sta nascendo in Africa
Da un deserto
Prova a volerti bene
Senza aculei
Non è impossibile
Te lo meriti
Tieniti stretta
la tua diversità
E non avere paura