Il club del disco è un vivace dibattito nello spazio di una mail tra Alessandra Virginia Rossi e Gabriele Naddeo. È un format per i lettori più affezionati di Talassa: lo puoi ricevere via mail, 1 volta a settimana, iscrivendoti alla nostra newsletter. Una volta a settimana, scegliamo una canzone fresca di pubblicazione e la commentiamo. Perché ci piace essere sul pezzo, ma senza esagerare. Una volta al mese, invece, pubblicheremo sul sito una delle mail dedicate ai lettori del club.
di Alessandra Virginia Rossi e Gabriele Naddeo
Alessandra: C’è un concetto caro ai nostri conterranei: il bar all’italiana. Cos’è? Semplice: espresso al bancone al mattino, amaro alla sera, un barista che fa tintinnare i cocci e qualche vecchietto con la coppola che sventaglia fogli di giornale o cala la briscola.
Al 21 di Firth Street, Soho c’è il “Bar Italia”. Nel 1949 due vicentini aprono il loro bar nel cuore del quartiere più italiano (al tempo) di Londra. Nel 1995, col brano omonimo che chiude “Different Class”, i Pulp di Jarvis Cocker lo descrivono come il ritrovo delle broken people. Perché il bar è sempre lì ad accoglierti, è lì per te.
Con la stessa casualità con cui nel 1972 un tristissimo Lucio Battisti se ne andava solo solo per la strada e trovava La Compagnia in un bar pieno di gente presa bene, nel 2019 chi era al concerto di Calcutta ad Acireale si è trovato davanti un ex concorrente di X Factor (di quelli senza troppo carisma che non superano la terza puntata) che strimpellava: Bar Franca.
Questo è bastato a farne una instant hit che è l’inno perfetto allo stare insieme, meglio se al bar, soprattutto se si è in fuga da certe costrizioni: il Natale nel caso di Marco Ziliani. La cover del singolo non è solo un evidente riferimento alle copertine dei 45 giri (a proposito date un’occhiata qui!) degli anni ’60, ma anche un omaggio alle insegne dei bar che abbiamo ereditato dagli anni del boom e che nel tempo abbiamo riempito di flipper, calcio balilla, gelati confezionati.
Il passato e il presente dell’Italia si incontrano e si intrecciano sempre di più nella musica attuale. Da un lato il patriottismo becero di chi rivendica l’italianità della canzone, dall’altra il recupero delle vecchie abitudini da Italia provincialotta: quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo…ma poi non si cambia mai.
Gabriele, tu che ne pensi del pop un po’ facile (ammettiamolo!) di Ziliani? E mi raccomando, se passi per Londra, fa’ una deviazione in Firth Street e dicci come se la passa il “Bar Italia”!
Cheers,
Alessandra
Gabriele:
Il Bar Franca, per restare in tema Pulp, richiama l’espressione più sincera della common people all’italiana. Se Jarvis Cocker accompagna la studentessa del Saint Martin’s College in gita turistica al supermercato, il dance, drink and screw di Ziliani si consuma direttamente sotto casa, nel baretto preferito. Coincidenza vuole che a lanciare l’amico backliner sia stato proprio Calcutta: colui che ha trasformato la classica montagna di piatti da lavare in un inno generazionale.
Qui in UK basterebbe affacciarsi da una qualsiasi finestra di un qualsiasi flat per attestare che la versione anglosassone del Bar Franca è un luogo altrettanto mitologico: il pub. Punto di partenza imprescindibile per musicisti emergenti, covo criminale per fan del karaoke e centro di gravità permanente per bevitori seriali, il pub è una colonna portante della cultura britannica, così come il pub crawl un rito da cui difficilmente ci si può sottrarre.
Naturalmente chi se non Carl Brave – santo protettore delle birrette – poteva dedicare una canzone al fantomatico giro dei pub? Nel suo ultimo “Notti Brave” del 2018 la traccia Pub Crawl è un’esilarante scenetta, frutto di un incontro-scontro tra la provincia italiana e la tradizione anglosassone: Lo so, mi so’ imbucato a questo pub crawl / Ho visto dallo specchio la tua maglia Roma, ho letto “Amor'”/ Where are you from?