Talassanremo: Amore a seconda vista

di Gerardo Russo

 

Le canzoni hanno preso vita e cominciano a cambiare forma nella nostra testa. Quante volte ascoltiamo un pezzo e ci lascia indifferenti? Quante volte invece è amore a prima vista? Le giornate però non sono tutte uguali e ogni canzone può arrivare a noi per infinite strade. Vale sempre la pena darle una seconda chance.

Nella giornata che ha preceduto la seconda serata ho voluto prendermi del tempo per ascoltare quello che non mi era piaciuto e soprattutto per valorizzare ciò che invece mi aveva catturato da subito. Quando entro in un ristorante straniero comincio assaggiando le portate a me più familiari, che magari hanno un po’ di pomodoro e poco formaggio, poi un pezzettino alla volta comincio a familiarizzare con nuove spezie e nuove digestioni. Dopo un mesetto comincio a cucinarle io.

Ho cercato così gli ingredienti migliori per avvicinarmi a questa valanga di nuove canzoni.

Negli Ex-Otago ho trovato l’eco di Max Pezzali, come un fantasma che non si arrende al tempo e trasmigra nei testi della band genovese. Il cantautore pavese continua così la sua canzone d’amore iniziata ventiquattro anni fa. Solo una canzone, manco a dirlo, è una poesia sull’amore che lotta col tempo, che non è più il capogiro che lascia senza fiato ma che ha tanta voglia di arrivare fino in fondo e scoprire nuove tenebre.

Gli Zen Circus sono passati quasi inosservati nel microcosmo della Sala Stampa con cui condivido le prese elettriche. Ho cercato di creare il secondo ascolto ideale per il loro pezzo, che poi è diventato il terzo, il quarto e il quinto. Fino a saturare le orecchie, fino ad aver bisogno di un livello di volume non contemplato dal mio cellulare. Appino ha raccontato lo scorrere del tempo nel film d’orrore della vita, troppo distante però da questa città ricca di fiori e da questa nazione ricca di democrazia e televoto.  Ho cercato così la solitudine, una strada vuota, dove correre con le cuffiette al massimo e vivere quel ticchettio sul mio battito. A pochi passi dal pulsante centro sanremese ci sono vicoli e scalinate dimenticate. Minuscoli quartieri di emarginati, di quelli del quando arrivi tu se ne vanno gli altri. Ho cercato il palco perfetto per quel pezzo, che non può e non poteva essere il luminoso Ariston ne tantomeno il maxischermo e i cori da stadio della Sala Stampa Lucio Dalla.


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Quella sala ora innamorata un po’ de Il Volo, un po’ della Bertè. Il popolo degli speciali inviati si unisce però cantando Riccardo Cocciante. Pochi dei presenti hanno vissuto la sua epoca ma nessuno può fare a meno di emozionarsi su Margherita. C’è una fiducia incondizionata verso gli antenati del mondo musicale, quasi come se loro avessero costruito il paradiso eterno a cui tutti gli artisti attuali dovrebbero ispirarsi. La seconda serata si trasforma pian piano in un piccolo concerto. Una parte degli addetti stampa si emoziona e canta dei brani in gara, una parte li ignora. Achille Lauro comincia a sembrare più uno dei nostri, qualcuno con cui potremmo aver fatto il liceo. Le canzoni stanno perdendo la purezza, stanno diventando della gente. Si stanno colorando di significati inventati nelle nostre teste. Ben presto si assoceranno a pubblicità, feste notturne e forse diciottesimi.

Ho poco tempo così per viverne un secondo ascolto purissimo. La cittadina ligure è pittoresca e accogliente, ma satura di posti letto vicini all’Ariston. Termina la seconda serata e la strada verso l’albergo è lunghissima e perfetta per ascoltare le canzoni e i pensieri della notte fonda. Cercando un nuovo sogno da sognare.