di Gabriele Naddeo Una volta la si vedeva scendere ruzzolando dai tetti di lamiera, oggi l’anima latina è pronta a prendersi il ruolo da protagonista nell’industria musicale. La strada, manco a dirlo, gliela sta spianando la trap: se Bad Bunny e Rosalía hanno conquistato il mercato americano (e di riflesso tutte le piazze occidentali) è perché hanno saputo declinare il genere del momento in chiave strettamente personale. Il primo, ridettando gli stilemi del maschio latino: tutto unghie tinte, brand e colori sgargianti. La seconda, mescolando tradizione e innovazione, Andalusia e Atlanta, nacchere e 808, secondo una formula che, se vogliamo, non si allontana troppo dall’R&B partenopeo di LIBERATO.
In fondo, la versione italiana del fenomeno coincide proprio con una nuova esplosione della cultura più latin dello Stivale, quella che ha Napoli come capitale, Gomorra come serie tv e 9 Maggio come inno, seguita a ruota da dischi chiave che richiamano il meglio della scena locale funk anni ’70: Nuova Napoli dei Nu Guinea, la raccolta Napoli Segreta e il meno chiacchierato, ma altrettanto valido, QVISISANA dei The Mystic Jungle Tribe.
Se in Italia sarà il 2019 a dirci come e se si evolverà questo trend, al di là dell’Atlantico un album uscito allo scadere del 2018 ha rimesso la Latin music al centro del discorso. Bluesman del brasiliano Baco Exu do Blues, è un tripudio di portoghese, elettronica e ritmi africani. Per il Kanye West da Bahia il genere in questione – e tutto ciò che il termine sa implicare a livello culturale – diventa la lente attraverso cui osservare la realtà che ci circonda: “Samba is blues, Rock is blues, Jazz is blues – recitano i sottotitoli in inglese della title-track, capolavoro video, ancor prima che audio – Funk is blues, Soul is blues and I am Exu do Blues. Everything black that was considered devilish and then became white and was accepted, I will call it blues. That’s it. Undertsand it. Jesus is blues”.
Se l’apparizione di Rosalía nel nuovo album di James Blake lascia intendere che anche quest’anno sentiremo parlare spesso e volentieri d’influenza latina, gli altri due nomi su cui vale la pena puntare nel futuro (e nel presente) sono Nathy Peluso e i Delaporte. Nathy Peluso, argentina di base a Madrid, non solo sforna hit che flirtano con rap, soul e Urban culture con una facilità impressionante, ma rimette al centro del discorso la teatralità e una buona dose d’ironia, a ricordarci l’importanza assoluta della performance nell’era dello streaming. D’altra parte, i Delaporte, duo formato dalla spagnola Sandra Delaporte e l’italiano Sergio Salvi, portano il castigliano a farsi un giro dalle parti di Moderat (Azul Marino su tutte), facendoci sognare per un attimo un ritorno dei nostri Yombe, ma in italiano.