Guarda il foto report dei Fine Before You Came al Monk di Roma

di Patrizia Migale

Vivere un live con i Fine Before You Came ti riporta un po’ ad una dimensione, a tratti nostalgica, di un concerto che è fatto di urla, sudore, rullanti dal suono asciutto ed emo-zioni. Una band che nasce negli anni in cui nessuna Instagram story o post di Facebook avrebbe potuto rendere giustizia a questo tipo di concerto.


foto di Patrizia Migale

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Una voce dal pubblico chiede una canzone triste, ma è difficile trovare un pezzo dei Fine che non sia un perfetto connubio di malinconia e rabbia, esasperato fino alla dolcezza. Come la pioggia di Dublino. O come il Buio, che in fondo “meglio non vedere che cercare invano e non trovare”. Tra un pezzo e l’altro, c’è sempre la speranza che in scaletta spunti una Vixi, per i più affezionati al primo album prodotto con La Tempesta che li ha visti cantare in italiano, ma Jacopo si prende un attimo per ricordare a tutti che non fare alcuni pezzi di “Sfortuna” significa semplicemente rispettarli, se appartengono ormai ad un passato che non c’è più.

Ogni pezzo è carico di forza e urlato in faccia come solo i fan dei fine sanno fare, con una sinergia che diventa subito pogo.

C’è chi alla fine spera in un bis e rimane anche un bel po’ in attesa, ma è solo perché non li conosce bene.


foto di Patrizia Migale

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E tutto torna. 

Storie di delusioni, di matasse da sbrogliare, di momenti in cui tirare le somme. Canzoni da ascoltare da soli in cuffia, da cantare insieme, da urlarsi in faccia.
Che poi tutto sommato basta poco per “scoprire un po’ alla volta che non basta il tempo e non basta il fiato se non per imparare a lasciarsi galleggiare con un sasso sulla pancia e un pensiero bello in testa”.

Dal Monk di Roma è tutto, in attesa di rivederli presto nella capitale.