Recensioni Fuori Tempo Massimo: “Origin of Symmetry” – Muse


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di Giovanni Colaneri 

Sono a una festa compleanno, una di quelle con non più di dieci persone di cui tre imbucati, un comunista, una metal-band di quasi trentenni che ancora crede nel successo e, solo infine, gli amici più stretti del festeggiato. Io sto in un angolino con una birra in mano, sono il “nerd musicale di nicchia” della festa, quello odioso a cui se chiedi cosa pensa della musica anni ’90 risponde sempre e solo che i Nirvana sono sopravvalutati. Da un punto imprecisato della sala, sfuocato alle lenti umide e sporche che erano i miei occhi grazie all’alcool, giunge una voce che offre la possibilità di scegliere un brano direttamente da Spotify. Chiunque teme l’esplodere delle casse per l’ennesimo gruppo rock sconosciuto e già inveisce contro chi ha avuto l’idea di regalare questa chance a quello che ascolta solo “gente strana”. Li smentisco, pare, poiché “Plug In Baby”, dei Muse, qui la conoscano tutti.

È bello esordire con una frase come questa, specialmente dopo aver tristemente constatato come gruppi storici siano ricordati solo per lo splendido impatto visivo che le copertine dei loro album offrono stampati sulle magliette. La copertina di “Origin of Simmetry” non è tra le più gettonate del “trio” a questo uso, disegnata da William Eager e scelta dalla band tra altre di quattordici differenti artisti.


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Il gruppo ha esordito nel ’99 con “Showbiz”, ma ha iniziato a galoppare  molti anni prima, nel ’92, quando la band di Matthew Bellamy e Dominic Howard incontrò quella di Chris Wolstenholme, batterista che, una volta formati i “Rocket Baby Dolls”, l’embrione dei Muse, sarebbe diventato bassista. Il loro successo fu quasi immediato; Bellamy, che sfracassò le attrezzature sul palco a una competizione tra band scolastiche nel ’94, “distrusse” immediatamente la giuria li presente, proprio come poi ha continuato a distruggere le oltre 140 chitarre e attrezzature varie (anche la capoccia e il kit del povero batterista), per circa ventiquattro anni, sui palchi di tutto il mondo. Qualcuno avrebbe dovuto dirgli che il contest era terminato. 

“Origin Of Symmetry” è un album con un carattere coerente, lo è con la forte intesa fra i membri del gruppo, musicalmente inattaccabile dopo quasi un decennio di studio, è coerente con le loro qualità artistiche e con l’eccentrica costituzione delle loro personalità, seppur quasi del tutto estranea alla cultura di transizione tra il XX° e il XI° secolo, in un certo senso già appartenente alla futura onda del rock moderno, comunque totalmente priva del gusto commerciale che oggi permea le classifiche. Questa è “musica al 100%”, coinvolgente in maniera ormai quasi scontata, i cui testi coerentemente con l’animo cazzaro e mainstream dei singoli membri, non parlano che di critica, politica, “apocalisse”, guerra, persino UFO, e non sono altro che una linea melodica suonata dalle corde vocali di Bellamy, in mezzo a un’orchestra strumentale molto pesante ed estremamente variegata. Per questo è musica al 100%, la tecnica e l’estro musicale di tre tipi si uniscono e danno quest’album come risultato, incredibilmente semplice, incredibilmente d’impatto, è piacevole e ricco di talento, non serviva altro e loro lo sapevano. Gli album successivi a questo, altro non sono che l’evoluzione del genere “Muse”, nato da questo album.

Ci si potrebbe anche dilungare a spiegare l’uso del falsetto, il basso distorto, mellotron, pianoforte e organetto nelle canzoni, ma sono tutte cose che si possono ascoltare con semplicità, perciò io vi dico questo: sapevate che il logo dei Muse su quest’album è l’unico, fra tutti gli altri, ad avere un font diverso e le strisce nere più spesse? Prego.