Vacanze Romantic: Alla scoperta della canzone d’amore italiana con Giulia Cavaliere


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di Gabriele Naddeo

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Giulia Cavaliere è nata nel 1985. Ha studiato Lettere all’Università di Pavia. Si occupa di comunicazione e media e scrive di cultura pop, canzoni e libri. È stata redattrice e autrice della rivista The Towner di Moleskine e tra le sue collaborazioni troviamo Esquire Italia, La Stampa, Rolling Stone Italia, Linus, IL del Sole 24ore, Il Primo Amore. Suoi racconti sono apparsi su NA di Nuovi Argomenti e su Research Milano (AgenziaX, Milano 2015). Il suo primo libro si intitola Romantic Italia e uscirà a settembre 2018 per Minimum Fax.

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La domenica, a Salerno, ha il profumo delle paste. I vassoi, confezionati con garbo dalle pasticcerie di fiducia, attraversano pigri le strade semideserte, prendendo almeno per un giorno il posto delle automobili in coda sul lungomare e sulla nazionale. Da quando vivo in Inghilterra, inspiegabilmente, l’odore della pioggia e l’immancabile aroma del Sunday Roast hanno preso il sopravvento sui dolci domenicali, trasformando l’ultimo giorno della settimana – o il primo, a seconda della cultura di riferimento – in un periodico appuntamento con la nostalgia.

Da italiano residente all’estero, devo dire che non vivo più questo sentimento con angoscia nel momento in cui ho capito di poter ancora esplorare, amare, maledire e raccontare il mio Paese anche senza viverne la quotidianità. Dico angoscia, perché purtroppo basta un mese di stanza in Gran Bretagna per rendersi conto che i Verlaine hanno ragione quando cantano che “in Inghilterra il sole è un lusso inutile, un po’ come la regina”. Ora, se un italiano che emigra sa che, nonostante tutto, potrà affogare i dispiaceri della lontananza in una qualsiasi pizzeria di un connazionale, un italiano celiaco che parte dovrà cercare a priori una soluzione alternativa. Dopo un mese di drizzle perpetua, quando il dubbio che i certificati del Trinity non mi avrebbero aiutato affatto a capire gli inglesi si era ormai trasformato in certezza, sentii il bisogno di trovare conforto nell’unica alternativa plausibile al glutine: la musica italiana. Devo ringraziare Londra se persi, e perdo ancora completamente la testa per quegli otto capolavori di “Dalla” (1980) e gli occhi curiosi, la coppola di lana e gli occhialetti tondi di Lucio, immortalati in copertina da Renzo Chiesa. Un paio di anni più tardi, mi sento invece di ringraziare Giulia Cavaliere ed il suo TUTTAITALIA su Radio Raheem per avermi fatto sentire a casa anche su un vagone qualunque della Northern, direzione Leeds.

TUTTAITALIA, figlio diretto del libro Romantic Italia in uscita a settembre per Minimum Fax, non è solo un viaggio nel cuore pulsante della musica italiana o una selezione piacevole di brani da ascoltare mentre si fa altro. È un percorso intimo e passionale nella storia della canzone italiana, è la canzone che non ti aspetti dell’artista che ti aspetti, è la consapevolezza che il guilty pleasure non esiste e che anche tu, probabilmente, ti ritroverai ad ascoltare “Notte Rosa” di Umberto Tozzi per una settimana, così come è successo anche a me. Incuriosito dal programma, dalla scelta musicale sopraffina e dal libro a venire, ho scambiato una chiacchierata con Giulia. Si parla di pop? Ovviamente. Si parla d’amore? Che ve lo dico a fare. Per chi proprio non si accontenta c’è anche l’estate italiana, Fossati, Paul McCartney e quel video di Andrea Pazienza che vi salverà la vita.

 

C’è un post che hai pubblicato di recente su Facebook che mi ha incuriosito parecchio. Dici: “Sbaglierò, ma continuo a pensare che un problema sotterraneo, sentimentale, per la nazione sia anche non aver ascoltato abbastanza canzoni che parlano di lei”…

Quello su cui riflettevo con quel post è l’idea che in questi giorni siamo tutti un po’ portati a fare analisi, anche un po’ spicciole, di quello che sta succedendo in Italia e ci domandiamo come sia possibile che persone cresciute e vissute dove siamo vissuti anche noi possano vivere la politica, il mondo e temi come l’immigrazione in modo così radicalmente diverso dal nostro. Nel mio piccolo, considerando la mia ossessione e la mia vita lavorativa, che in questo momento gira molto intorno alla musica italiana, ho avuto questo pensiero istintivo, che poi chissà se è corretto. Ciò che voglio dire, in fondo, è che la canzone italiana, se ascoltata con attenzione, con cura e con l’abbandono necessario quando si ascolta, racchiude tantissimo dell’Italia, di quello che siamo. Per esempio in quel caso parlavo di Viaggiatori d’Occidente, brano di Ivano Fossati tratto dall’album “Ventilazione” visto che in estate ascolto molto Fossati: credo che ci siano una serie di suoi dischi, prodotti, scritti o cantanti, in cui è possibile ritrovare delle progressioni, un modo di concepire il suono e il testo che in qualche modo si sposano perfettamente con quello che è il periodo estivo visto da qui.

Parlando di Fossati: in una delle puntate di TUTTAITALIA parli di lui come “uno dei tre grandi della musica italiana”…

In quel momento mi è venuta in mente quest’immagine: un ideale podio degli artisti italiani che tento di costruire da una vita, podio che naturalmente non esiste. Diciamo che non ho un podio e che è una scelta che non voglio assolutamente fare: è come chiedere se preferisci il papà o la mamma. Potrei dire Fossati, Battisti, Tenco, ma poi come faccio a togliere Dalla o De Gregori? Piuttosto penso che siamo davvero fortunati ad essere contemporanei a questi artisti che non dovremmo in alcun modo scegliere. Fossati è uno dei grandi della musica italiana non solo per la qualità, ma anche per la quantità di lavori suoi scritti per altre persone, pensa ai pezzi dell’album “Oxanna” di Anna Oxa, ai brani scritti per Loredana Bertè

Entrambe presenti su TUTTAITALIA tra l’altro. Come nasce il programma?

TUTTAITALIA nasce in modo molto spontaneo, conseguenza del fatto che il 27 settembre uscirà il mio primo libro per Minimum Fax, Romantic Italia – 100 canzoni d’amore, in cui racconto di canzoni italiane che hanno offerto qualcosa di innovativo al cantare l’amore da queste parti. Quando il team di Radio Raheem ha saputo del libro, considerando anche che non aveva ancora un programma interamente dedicato alla musica italiana, mi ha proposto l’idea di inventarmene uno.

Come mai quel Romantic nel titolo, nonostante il libro sia tutto incentrato sulla musica italiana?

Comincerei col dirti un’espressione in particolare, così da farti entrare subito nell’immaginario adatto: Spaghetti Western. Poi sicuramente mi piaceva suggerire l’idea che la musica italiana merita la stessa importanza della musica che viene dall’estero. Credo che la canzone italiana soffra ancora di una “ghettizzazione” rispetto alla canzone anglofona da parte di molte persone che amano o dicono di amare la musica. La terza cosa che ti dico è che nel mio immaginario di musica italiana c’è tanto pop, il che significa anche pensare all’Italia come qualcosa di molto anni 80s, qualcosa che guarda all’estero, qualcosa di molto vicino a un immaginario Italo Disco – che poi magari specificamente non entra moltissimo nel libro, ma lo influenza comunque. Ancora, pensa a un gruppo come i Krisma, autori di canzoni in italiano e in inglese e pezzi in cui è presente sia l’italiano che l’inglese. Anche Pino Daniele ha fatto spesso questa cosa. L’idea, allora, è che c’è sì la presenza di una fascinazione per il mondo che c’è intorno, ma anche un volersi concentrare su quello che siamo. Mi piaceva, tra l’altro, che il nome del libro suonasse anche un po’ come il titolo di una canzone, come qualcosa che avrebbe potuto dire qualche turista straniero che veniva in Italia e si trovava ad ascoltare da un jukebox o da una radio una nostra canzone romantica, una nostra canzone d’amore. E poi Romantic non è solo “romantico” è anche New Romantic per esempio. C’è tanto, insomma.

C’è una fonte in particolare che hai consultato durante la scrittura del libro? Devo dire che anche nel caso di TUTTAITALIA le chicche che racconti sulle vite degli artisti sono favolose.

No, non c’è. Ci sono tante fonti, tanti tanti libri che ho letto, comprato, consumato. Per dire, anche rispetto al libro ci sarà sì una piccola bibliografia, ma l’idea è quella di presentare un ragionamento mio dal punto di vista dell’ ascoltatore. Non volevo fare quello che hanno già fatto altri, non volevo andare a intervistare Fossati e chiedergli cosa pensava quando ha scritto Pensiero Stupendo. Innanzitutto, perché voglio lasciare in pace Fossati, poi perché penso che ci sia una certa immediatezza, un certo istinto nella scrittura delle canzoni, come nella scrittura in generale. Non mi interessa andare a trovare la verità nelle canzoni. L’idea che mi ha mosso a scrivere questo libro è che una canzone è fatta per il 50% da chi l’ascolta: ognuno di noi cerca nelle canzoni un significato, un mondo, uno sguardo, un incontro, qualcosa di forte. Nel libro, allora, mi eleggo ad ascoltatore tipo che si è nutrito di quella roba per tutta la vita e prova a raccontare cos’è Pensiero Stupendo dal punto di vista di una persona che ascolta Pensiero Stupendo. Naturalmente le fonti alla base ci sono e mi interessano moltissimo. Per esempio ti citerei Luigi Manconi, una persona straordinaria che fa tantissime cose importanti per questo Paese e che ha scritto un libro eccezionale che si chiama La musica è leggera, pubblicato da Il Saggiatore.

Per il programma su Radio Raheem invece come procedi? Scegli prima il tema della puntata e poi le canzoni, o viceversa?

In questo caso è stata una scelta un po’ istintiva. Per la prima puntata ho parlato del sesso nella canzone italiana perché avevo voglia di partire con qualcosa un po’ dirompente, fare ascoltare un tipo di canzone d’amore italiana diversa, con cui molti magari non sono entrati in contatto.  Siamo spesso abituati a pensare alla canzone d’amore in un certo modo pulito, invece c’è tanta passione, tanto sangue, e anche tanto sesso nella canzone italiana. In generale ti dico che raccolgo canzoni in quantità, poi appena ho una buona raccolta tematica nasce anche un tema di cui vorrei parlare.

Nella puntata che parla del sesso nella musica italiana, tra l’altro, tratti anche di un sotto-tema molto affascinante: la musica che cita la musica. Come Renato Zero che in Metrò nomina l’impianto quadrifonico o gli Stadio che in Porno in TV cantano “metti la musica, accendi la radio”…

Sì, è una caratteristica che ho volutamente messo in luce perché mi sono accorta che tantissime delle canzoni che avevo scelto avevano la musica come presenza costante, un elemento partecipativo di quel momento erotico da condividere.  Amo ritrovare questi elementi discografici in una canzone, è una cosa  che mi diverte, mi esalta. È pazzesco pensare che Loredana Bertè per il suo album d’esordio canti di un disco dei Pink Floyd: sono due immaginari distanti che si incontrano, è una cosa che mi fa impazzire. Un oggetto come il giradischi poi è anche un simbolo dell’arredamento, del design, di un immaginario ben definito e quindi anche correlativo oggettivo della casa, dell’intimità dell’incontro. Ecco, l’oggetto del disco per me fa casa. Quando torno a casa, ancora prima di togliere la giacca, metto su un disco, come primissima cosa. Perché magari a quel disco ci pensavo già prima di entrare. Mi piaceva moltissimo l’idea di mettere in risalto questo elemento musicale, meta-sonoro nelle canzoni.

Hai già un’idea per i temi dei prossimi podcast?

La puntata di luglio sarà sull’estate italiana, che ha un po’ a che fare con quello che ti dicevo prima su Ivano Fossati. Non è solo il racconto dell’estate, ma riguarda anche una certa “afa sonora”. Ad agosto ci fermiamo, poi ti dico che a un certo punto ci sarà anche una puntata dedicata ai duetti, che non farò da sola. Sarà un podcast a due voci, à la Alberto Lupo e Mina!

Devo dire che la cosa che mi interessa di più in TUTTAITALIA è il modo brillante in cui metti in risalto pezzi meno conosciuti di artisti popolari. Per “colpa tua” ho ascoltato “Notte Rosa” di Umberto Tozzi per una settimana.

Sì, è una cosa a cui tengo e che cerco di fare spesso nel programma. Tozzi, per esempio, ha fatto dischi straordinari, come il suo album omonimo dell’ ’80, e pezzi molto noti come Gloria e Stella stai che sono bellissimi. Ci sono però anche dei pezzi meno noti, come Dimmi di no, che vale davvero la pena ascoltare.  Che poi, ci sono artisti sconosciuti in Italia? No, non ci sono, ormai li conosciamo tutti. Altra cosa secondo me è avere una lente d’ingrandimento accurata: non ci sono solo i grandi singoli dei grandi artisti, ma anche altri brani che conosce chi si interessa un attimo di più e che sarebbe bello che conoscessero tutti. Nel mio libro, ad esempio, tiro fuori Flavio Giurato: lui è un artista enorme, immenso, sicuramente meno noto di Tozzi o della Bertè, ma è lì, anche lui, come loro, per tutti.

C’è un brano, tra quelli scelti per TUTTAITALIA, a cui tieni particolarmente e che secondo te non è stato considerato abbastanza?

In realtà tanti. Prendi Godi di Faust’O: è un pezzo conosciutissimo tra quelli che conoscono Faust’O. Però se nella mia bolla tutti lo conoscono, fuori dalla mia bolla Faust’O è soltanto una presenza. La stessa cosa vale nel momento in cui scelgo di passare “Streaking” della Bertè, un album che discograficamente non ha avuto successo, nessun tipo di interesse a livello popolare. Il mio principio è che niente è strano, tutto è per tutti. Tutta questa è materia popolare, mi piace pensare che arrivi a tutti e che sia per tutti. Sono un po’ contro quella nuova ondata di musica “strana a tutti i costi”. Il segreto c’è se non lo vuoi scoprire. Poi certo si può essere più interessati o meno alla canzone o al disco in questione, ma mi piace pensare che in potenza tutto sia per tutti.

A proposito di materia popolare, vogliamo parlare del video dell’anno, ovvero Paul McCartney al Carpool Karaoke? Se dovessi pensare a un corrispettivo italiano per quel video che artista sceglieresti?

Sono due i video che ci possono salvare la vita: questo con Paul McCartney e quello di Andrea Pazienza che canta Albachiara, mentre disegna, intervistato da Red Ronnie quando la fidanzata lo ha appena mollato per mettersi con un suo amico. Ora mi parli di una cosa che mi ha straziata, commossa, fatta sorridere. In quel video di Carpool Karaoke c’è una tale concentrazione di tutto quello che è l’immaginario Beatleasiano e di McCartney che mi spezza il cuore. Per quanto mi riguarda, i Beatles, anche presi singolarmente, sono la cosa più grande del mondo. In generale sono un grande schema di tutte le cose più belle dell’Universo: c’è l’amore, l’amicizia, c’è l’evoluzione, la storia, la crescita, lo scambio. Se mi chiedi un corrispettivo di Paul McCartney faccio una grandissima fatica e non credo di poterlo trovare. Se dovessi sognare ad occhi aperti mi piacerebbe immaginarmi Lucio Battisti dentro quella macchina e pensarlo cantare Sì, viaggiare mentre si dirige a Molteno, dove viveva negli ultimi anni della sua vita, cantando Il Veliero. Anzi ti direi di più: partendo dal fatto che lui non ci sarebbe mai salito su quella macchina, ti direi il Battisti nel periodo “Una donna per amico”, il Battisti affascinato dalla disco music, che aveva esplorato la California, quel Battisti lì che si sente già un po’ più leggero.

Chiudiamo con la domanda delle domande: cos’è la canzone pop per Giulia Cavaliere?

La canzone pop? Ti direi che sono I Beatles, però sono anche i Kinks. Fondamentalmente è una cosa finto-allegra. È un qualcosa che ti fa pensare ai colori, ma che ti fa anche piangere. È una canzone che quando la ascolti immediatamente vivifica qualcuno che vuoi accanto, perché convivono questo elemento malinconico e questa dolcezza, questa universalità e questo colore. È qualcosa che ti espande, pop è una canzone che ti amplifica, che amplifica i tuoi sentimenti. Pensiamo sempre alla musica come qualcosa che va amplificato, ma la canzone pop è qualcosa che amplifica te. Il pop è l’amore, ecco perché faccio un libro sulle canzoni d’amore.