Il trentennale degli Afterhours: 10 motivi per cui il rock non è morto


ah.jpeg

di Antonio Zarrelli

30 Anni. Quando compi 30 anni forse per la prima volta ti senti vecchio. Ti senti vecchio per davvero. Lo hai detto tante volte prima che ti stavi invecchiando, ma è quando fai 30 anni che il dubbio ti assale per davvero. Naturalmente hai torto ma non lo sai, poi fai 40, 50 e così via, finché poi vecchio alla fine ci diventi.

Quando poi a fare 30 anni è una band, rock per di più, allora il rischio di sentirsi veramente vecchi c’è. Quest’anno è toccato agli Afterhours superare questa soglia e l’hanno voluto celebrare sul palco del Forum d’Assago martedì scorso. Pienone per Manuel Agnelli e company nella loro Milano. 3 ore di concerto senza pause. Una scaletta che comprendeva pezzi dagli esordi in inglese degli anni ’80 agli ultimi brani di “Folfiri o Folfox”. Ma della performance, della qualità dei musicisti saliti sul palco e quant’altro si è scritto e letto un po’ ovunque in questi giorni. Io ci sono andato per piacere e curiosità e approfitto per scrivere qualche sensazione, non certo per fare analisi tecniche. Si parla tanto del presente e del futuro del rock. A me è venuta in mente una cosa semplice: il rock non sta morendo. Magari si evolve, ma non muore. E in un certo senso ringrazio anche gli Afterhours se posso ancora ritenere che il rock abbia tanto da dire. E ora vi spiego 10 motivi per cui secondo me il rock non è morto.

Il rock non è morto perché Manuel Agnelli è una rockstar. E quando a 50 anni suonati stai 3 ore sul palco senza fermarti e senza esitare con 10.000 persone attaccate alla tua voce, allora  significa che il rock non è morto.

Il rock non è morto perché se consideriamo per decenni le generazioni presenti al Forum di Assago vi erano nati negli anni ’50/’60/’70/’80/’90/’00/’10. Sette generazioni. Quando vedi madre, padre e figli di 5-6 anni tutti con la giacca di pelle allora significa che il rock non è morto.

Il rock non è morto perché, magari non i bambini, ma molti di almeno sei di quelle generazioni erano in prima fila a pogare. E quando a 20 anni prendi una gomitata da un 50enne e a 35 ne prendi da uno di 17 allora significa che il rock non è morto.

Il rock non è morto perché Manuel Agnelli era emozionato e stava lì con la faccia di quello che pensa “guarda dove ero e guarda dove sono”. E quando uno si presenta così sul palco, dopo avere avuto un picco di notorietà con la sua nuova vita televisiva, e ti fa capire quale è il suo posto nonostante tutto, allora significa che il rock non è morto.

Il rock non è morto perché al tuo concerto ci vengono tanti colleghi con la stessa voglia dei tuoi fan, tanto da testimoniarlo sui social. Quando i tuoi colleghi stanno nella bolgia come noi comuni mortali significa che il rock non è morto.

Il rock non è morto perché Manuel Agnelli, Rodrigo D’Erasmo, Xabier Iriondo, Roberto Dell’Era, Fabio Rondanini e Stefano Pilia, se ne sono andati a suonare lontano sugli spalti di fronte allo stage per vedere come era stare dall’altra parte con tutta la gente. Quando hai bisogno dell’adrenalina della gente allora il rock non è morto.

Il rock non è morto perché gli Afterhours dalla prima ora a oggi hanno passato burrasche e cambi di formazione. Forse gli addii dolorosi hanno avuto una ragione “superiore”. Ci si chiedeva se Giorgio Prette avesse avuto il giusto riconoscimento nell’evento del trentennale. Non solo lui, ma quasi tutti gli ex membri hanno avuto l’occasione di celebrare un progetto che hanno contribuito a forgiare. Questo significa che il rock non è morto.

Il rock non è morto perché alla fine della serata tutti i membri degli Afterhours passati e presenti erano sul palco a prendersi gli applausi di tutti, ad abbracciarsi e orgogliosamente a sentirsi tutti “la Band”. Non se ne volevano andare, se non fosse stato per la metro che chiudeva, forse sarebbero rimasti tutta la notte a suonare. E quando uno non ne vuole sapere di andarsene dal palco allora significa che il rock non è morto.

Il rock non è morto perché non concordo con chi scrive che è stata una festa. Quello a cui abbiamo assistito è stato innanzitutto uno dei più bei concerti degli ultimi tempi, tutto musica e adrenalina. Quando si torna a casa tutti acciaccati, sia gli artisti che il pubblico, e dopo due giorni ancora ne paghi le conseguenze, allora significa che il rock non è morto.

Il rock non è morto perché se di ritorno a Londra, alla fermata metro di casa mia, incrocio migliaia di persone uscire da uno dei tanti concerti dell’O2 Arena di North Greenwich e per una volta non me ne curo, ma proseguo ripensando al mio di concerto, allora, come dire: il rock decisamente non è morto.