report e foto di Patrizia Migale
Giovedì 5 aprile. Monk. Roma. Sesta tappa del tour 2018 partito dal The Cage di Livorno, città natale del quartetto toscano.
Una sala piena di fan quella che accoglie la data zero di “N’UOVO”, il ciclo di incontri che il Monk dedica alle novità più interessanti del panorama musicale attuale.
In un momento storico in cui gran parte delle nuove uscite discografiche italiane sono riconducibili sotto l’abusato termine “indie”, i Siberia decidono di prender posto in ciò che definiscono nuovo pop italiano, forti però delle peculiarità che li rendono differenti.
Eugenio Sournia (voce), Luca Pascual Mele (batteria), Matteo D’angelo (chitarra) e Cristiano Sbolci Tortoli (basso) si presentano come una band che non ama perdersi in chiacchere, ma lascia parlare la musica del loro secondo album “Si vuole scappare”, uscito lo scorso 23 febbraio per Maciste Dischi.
Un album che si sgancia da quel forte legame col passato proprio del precedente “In un sogno è la mia patria” ed osa un’inaspettata attenzione al moderno.
L’intro che parte a luci spente sembra presagire a Ritornerà l’estate, ultima traccia dell’album, ma dopo poco è ormai chiaro il ritmo in levare di Yamamoto. Forse l’unico scherzo che i Siberia possono fare a dispetto di una musica libera da ogni tipo di ironia o sarcasmo. Secondo singolo estratto dal nuovo album, si riconoscono i riferimenti ai Joy Division di Love will tear us apart.
I testi decadenti di Eugenio Sournia ora si fondono con il tema che dà il nome al disco: la fuga.
Una fuga dettata dal passaggio all’età adulta e dallo smarrimento che ne deriva. Un tema centrale nei nuovi brani che viene ricondotto alla post adolescenza, quando “lasciata l’università la nausea dell’età ricresce come l’edera”. Un’età che si è sempre prefigurata lontana e priva di leggerezze e che invece, una volta raggiunta, ci pone di fronte ad un interrogativo: “che differenza fa non prenderla sul serio?”.Probabilmente nessuna. E a volte è proprio “la tristezza quello che vogliamo”.
Un’analisi interiore che evoca i dubbi della nostra generazione e si esprime in suoni dal gusto new wave come quelli di Tramonto per sempre, dove si arriva alla conclusione che “davanti l’amore si vuole scappareed è tutto quello che causa il nostro tormento”.
È poi la volta di un pezzo un po’ funky in cui sembra riecheggiare l’intro di The Racing rats degli Editors e si prende coscienza del fatto che “non c’è niente di speciale nel guardarsi intorno senza andare via”.
Il ritmo cadenzato di Strangers in the field of love ci riporta poi all’esaltazione di un sentimento che ricorda quell’amore “che cresce il grano e l’orchidea”.
Un uso di synth e strumenti elettrificati che rende il rock (o meglio, il nuovo pop italiano) dei Siberia tratto distintivo e ben distante anche dal loro primo disco, che si prestava con maggiore facilità ad esibizioni di tipo acustico grazie anche a liriche più corpose, di derivazione ungarettiana. Tra i pezzi riproposti: Mare a cui si chiede di seppellire tutti gli sbagli ed i crimini nel profondo mare blu, Una speranza e infine Gioia.
L’influenza della tradizione cristiana sulla scrittura dei brani, presente soprattutto nei pezzi più giovani, compare qui nella nuova Epica del dolore, dove la sofferenza viene affrontata e decantata solo per far sì che si trasformi in forza personale. Un tema caro al Sournia, che prova, con successo, a combinare il cantautorato alla Tenco e la scrittura poetica con nuove realtà e suoni più maturi.
Dopo le insistenti richieste del pubblico romano, i Siberia si concedono anche qualche pezzo fuori scaletta.
In attesa di rivederli presto, noi di Talassa possiamo affermare con certezza che dai Siberia (non) si vuole scappare.
Di seguito, le prossime date del tour:
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13 aprile – Asti, Diavolo Rosso
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14 aprile – Trento, Bookique
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20 aprile – Milano, Circolo Ohibò
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27 aprile – Marghera (VE), Argo16
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4 maggio – Carpi, Mattatoio Culture Club