di Alessandra Virginia Rossi
Hedi Slimane è stato direttore artistico di Dior e Saint Laurent, ma dall’età di 11 anni scatta foto e raccoglie quasi quotidianamente i suoi scatti in un blog fotografico, che prevede anche una sezione musica (Hedi Slimane Rock Diary). Al servizio delle grandi maison, nei primi 2000 Slimane ha ridisegnato completamente la moda maschile dando vita a uno stile slim, neo-mod e sobriamente decadente. Non vi ricorda, questo, certe inconfondibili silouhette? Alex Turner, Miles Kane, Pete Doherty, Alex Kapranos ma anche David Bowie e Mick Jagger non hanno saputo resistervi e sono finiti davanti al suo obiettivo fotografico.
La forza della fotografia di Hedi Slimane sta nella sua formazione interdisciplinare ricevuta alla scuola d’arte del Louvre di Parigi. Il continuo contaminare la moda con la musica, l’arte astratta con la fotografia urbana lo rende capace di sintetizzare nei suoi scatti molto di più di quanto il reportage fotografico musicale abbia fatto fino al suo arrivo.
“Stage”, pubblicazione del 2004 per Steidl, lo dice a gran voce: l’iconografia rock classica è morta.
Troppo teatrale, troppo plastica la rappresentazione del rock dagli anni ‘60 in poi. L’idea di Hedi Slimane non è rappresentare quanto mostrare di cosa sia materialmente costituita la frenesia rock, l’attrazione che cattura e unisce artisti e pubblico in un vero e proprio rito liturgico, il live, e in una relazione distorta ed esagerata che culmina nell’idolatria.
Un inferno di cavi, nastri, impalcature, amplificatori, fari accanto a un bosco di anime e corpi fragili, ombre sottili, gesti, sguardi e figure sospese. Tutto immerso in un contrasto di bianco e nero siderale: romantico, moderno.
Lo zampino della passione per la moda si tradisce nella ritrattistica. La plasticità dei primi piani e l’insistenza sui dettagli: orecchini, collane, cappelli, tatuaggi. E poi libri, custodie degli strumenti, quaderni d’appunti, memorabilia. Il racconto che Slimane fa del suo soggetto-rockstar non è mai diretto, anzi, le inquadrature prediligono un effetto ellittico così da lasciar conservare al soggetto qualche segreto in più e stimolando, di conseguenza, la curiosità dell’osservatore in modo irresistibile.
In tempi in cui l’estetica è abusata all’estremo e quindi, a torto, criticata come un pretesto per utenti instagram bisognosi d’attenzione, Slimane restituisce il piacere concreto dell’immagine arricchendola della potenza fisica del rock, del romanticismo del mito e della fragilità della bellezza.