5 canzoni italiane anni ‘90/2000 a cui rifare subito il videoclip

Di Gabriele Naddeo

Che la musica indipendente italiana stia vivendo un momento particolarmente felice è cosa palese. Ciò che però vale la pena sottolineare è che un ruolo importante in questi ultimi due-tre anni di risorgimento del sottobosco musicale nostrano l’ha giocato senza dubbio la parte visuale di ciascun progetto. Se nomi come UOLLI, Luca Lumaca, Francesco Lettieri, Zavvo Nicolosi e il collettivo Ground’s Oranges, Jacopo Farina & Marco Proserpio (Sterven Jønger) vi suonano familiari è perché le clip realizzate da questi ultimi hanno conquistato il favore del pubblico almeno quanto le canzoni a cui si riferiscono. Penso, ad esempio, a Wes Anderson de I Cani, alla Napoli di Liberato o al lyric video del Mambo reazionario della Sas più famosa d’Italia. Ancora, alle follie delle clip di Cosmo, al mondo a fumetti di Reale (Colapesce) o all’ormai celebre bambino che canta Cosa mi manchi a fare di Calcutta.

Se però è vero che un videoclip fatto con tutti i crismi aggiunge eccome quel quid al brano di riferimento, è anche vero che di canzoni italiane stupende con orrende clip al seguito ce ne sono a bizzeffe, senza che ciò abbia minimamente scalfito il valore del brano in questione, sia chiaro. Non dobbiamo nemmeno andare troppo indietro nel tempo per trovare dei casi adatti. Un tuffo tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila basterà di sicuro. Eppure… immaginate solo per un momento che meraviglia se si potesse, in qualche modo, riparare a queste brutture figlie di Radio Italia? Se, magari, proprio ai cinque videomaker che trovate citati in quest’articolo venisse mai in mente di rifare le clip di alcuni pezzi iconici dell’epoca d’oro del Festivalbar. Qui, nel caso, troverebbero già cinque gran belle canzoni con annessi videoclip da dimenticare. Per non lasciare nulla al caso, si sono anche azzardate delle possibili, nuove combinazioni. Si scherza, ovviamente, dato che in fondo ogni scusa è buona per riascoltare un po’ di buona musica. Però…

Max Gazzé – L’amore pensato

Siamo d’accordo che L’amore pensato è una delle canzoni italiane più belle degli ultimi 20 anni? Siamo sempre d’accordo che il suo videoclip è completamente insulso, anzi peggio, indolore? Adesso chiudete gli occhi, dimenticate il Gazzé crooner in bianco e nero e provate a immaginare una storia d’amore da grande schermo, riportata nel riquadro di YouTube dalla potente forza evocativa di Francesco Lettieri.

Irene Grandi – Bruci la città 

La versione The Sims di Irene Grandi è incommentabile. Inutile qualsiasi tipo di scusa che chiami in ballo le grafiche da realtà virtuale dei primi Duemila. Un testo cinico e meraviglioso come questo di Francesco Bianconi meriterebbe l’altrettanto caotica e irrefrenabile coppia Marco Proserpio-Jacopo Farina.

Niccolò Fabi – Il negozio di antiquariato

Apparentemente nello stesso bosco in cui Nelly Furtado cantava I’m Like A Bird, i protagonisti del video di Fabi rincorrono un cubo rosso in 3D. Volante. Non serve aggiungere altro: UOLLI, per piacere, abbiamo bisogno dei tuoi attacchi d’arte e della tua creatività per salvare questo capolavoro di brano.

 

Tiromancino – La descrizione di un attimo

Un Tarzan strampalato e impacciato è intento a salvare l’esploratrice in difficoltà, mentre la band suona divorata dalle sabbie mobili. Tutto regolare: una clip che vuole essere comica, ma che finisce con l’essere imbarazzante. Se invece affidassimo al gusto e all’ironia di Zavvo Nicolosi un remake de La descrizione di un attimo, in ricordo dei migliori Tiromancino?

Cesare Cremoni – Marmellata#25

A quanto pare nei videoclip dei primi Duemila l’oggetto volante era un must a cui era impossibile rinunciare. Nella clip del tormentone di Cremonini c’è addirittura un’intera stanza che prende vita, in un vortice trashissimo di roba trasformatosi in una creatura malvagia che rincorre l’artista. Io sogno una versione parallela, ossessivo-compulsiva, a cura di Luca Lumaca. Con un tutorial che dimostra come buttare nel cestino tutti gli oggetti citati dal brano, sempre con cura wesandersoniana.