di Claudia Casali
C’è tutto un universo dentro di noi. Un caos apparentemente calmo, sempre più difficile da gestire. Pieno di persone, situazioni ed emozioni contrastanti, ma anche pieno di solitudine. Di quella solitudine che sembra non abbandonarti mai, che si ripresenta all’improvviso, quando meno te lo aspetti e tutto sembra andare nel verso sbagliato. Quando hai semplicemente bisogno di tranquillità, quando tutto quello che ti serve è una voce amica che ti dica: “Tranquilla, tutto passa!”
Passano gli amori, la felicità, la serenità. Passano le illusioni, le sofferenze, le paure. Lo sappiamo tutti ma a volte lo dimentichiamo, perché siamo distratti e aspettiamo sempre che qualcuno venga a ricordarcelo. Abbiamo bisogno di sentirci dire quelle parole, così banali eppure così importanti: parole di conforto, che ti strappano un sorriso. Un po’ come ha fatto Artù con “Tutto passa”: dieci tracce piene di speranza e conforto, ma anche di rabbia e malinconia. Canzoni semplicemente pure, sincere, che ti liberano da quella solitudine, che ti fanno star bene.
Tra uno squillo di tromba di Zitti e un travolgente cameo di Alessandro Mannarino in Tutti a scuola entriamo energicamente nel mondo di Artù e della sua filosofia del tutto passa. Zitti è uno sfogo, una liberazione. Una canzone da dedicare ai tuttologi dei nostri giorni, quasi un consiglio spassionato che il cantautore vuole dare a chi proprio non riesce a stare zitto. La rabbia del primo brano cresce esponenzialmente fino ad arrivare a Tutti a scuola: una critica sincera al sistema scolastico che non è in grado di insegnarci le cose più semplici, come amare o apprezzare la vita.
Roma d’estate e Tutto passa sono delle autentiche dichiarazioni d’amore.La prima è stato il singolo che ha anticipato l’uscita del disco, è il grande amore per la città eterna descritto con immagini dure e crude, che conosce bene chi ha sofferto per amore, è stato sedotto e abbandonato e ha subito il fascino della bellezza pura. Tutto passa ha una melodia struggente, coinvolgente. È amore per la vita ed è forse il brano più riuscito del disco, tra la voce graffiante di Artù, gli arrangiamenti, le immagini poeticamente quotidiane. Il concetto è semplice ed efficace. Ogni cosa ha il proprio valore in quanto effimera. Tutto ha un inizio e una fine. Tutto passa è una filosofia di vita.
Bene io sto male e Il giorno del peccato sono energia pura. La prima doveva essere una lista delle cose non sopportate dal cantautore romano. Titolo ossimorico, perfetto per Artù che alla fine ha scoperto così di non sopportare sé stesso. La seconda voleva essere la descrizione di un giorno surreale, senza regole e leggi, dettato solo dalla volontà di fare ciò che si vuole. Durante la realizzazione del brano più rock e cupo del disco però il cantautore si è reso conto che ciò che stava descrivendo era semplicemente la realtà.
Il circo se ne è andato e Tulipani sono due storie malinconiche e a tratti struggenti. Il circo se ne è andato è una metafora. Un’artista in cerca della fama, una vita a rincorrere il successo, una serenità artistica illusoria molto lontana dalla quotidianità. La storia di un uomo solo e della sua sconfitta. Una chitarra classica che man mano si arricchisse di colori e suoni. Poi chitarre elettriche, strumenti a percussione che accompagnano verso un finale travolgente. Tulipani parla dell’incapacità di amare a suon di pianoforte, la voce di Mari di Guai, un uomo e la sua rabbia. La dolcezza delle note si contrappone a un testo emotivamente forte. Un sentimento irrisolto che sfocia in una malattia.
Viola e Anna sono le ultime due tracce. La primacolpisce fin dal primo ascolto. È una canzone spensierata, con suoni allegri e ironici così come possono essere a volte i nomi delle cose e delle persone. Artù mette in evidenza le antitesi della vita con naturalezza e simpatia. Come quando si vuole raccontare una storia a un bambino e catturare tutta la sua attenzione. Anna, infine, è l’ultima traccia del disco: una malinconica ballata che racconta di una donna e delle sue debolezze. Un pezzo unico per il cantautorato romano, con una scrittura che ricorda i grandi predecessori degli anni ’70.
Dieci brani all’insegna della vita con una filosofia ben precisa. Tutto passa è vero, ma c’è una cosa che non svanisce mai: la bellezza eterna. E i romani sanno bene di cosa io stia parlando. La bellezza di quei luoghi che restano intramontabili. Che hanno fatto sognare milioni e milioni di persone, che ci hanno resi celebri in tutto il mondo. Tutto passa ma la bellezza e la grandezza delle architetture resta, così come è rimasta immutata nel tempo la magnificenza del Colosseo forse il più grande esempio di architettura di tutti i tempi.
L’Anfiteatro Flavio costruito sotto il potere della gens Flavia è l’esempio di come il tempo sembri non passare mai. Inaugurato nell’ 80 d.C., palcoscenico di numerosissimi spettacoli pubblici, trionfo architettonico di archi e volte, è stato realizzato in poco più di otto anni. Scenografico campo di battaglia per le lotte dei gladiatori, utilizzato anche all’occorrenza per battaglie navali, una volta perdute le sue funzioni originali l’anfiteatro romano vede svanire la propria magnificenza. Inizia così la fase di degrado del Colosseo, che prende negli anni questo nome in ricordo della colossale statua di Nerone che si ergeva nelle vicinanze.
La fine degli spettacoli lascia il monumento in una fase di abbandono, deleteria per la vita stessa dell’edificio. La frequente spoliazione dei materiali e quindi la sua seconda vita come cava per il recupero di materia prima e non, i cedimenti causati dall’assestamento territoriale sottostante e i terremoti trasformano il Colosseo in un vero e proprio rudere. Solo con la consacrazione cristiana di Benedetto XIV, l’anfiteatro vede bloccare la sua progressiva demolizione.
I terremoti però mettono a dura prova la stabilità del monumento, tanto che dopo il terremoto del 1803 si decide di intervenire per salvaguardare l’incolumità di quello che sarebbe diventato il simbolo d’Italia. Solo grazie al lavoro di Stern e Valadier possiamo oggi godere di un’ottima parte del Colosseo.
Stern attua i suoi interventi di consolidamento aggiungendo uno sperone sul lato orientale, in modo da rinforzare le parti con gravi lesioni strutturali. Non vuole quindi modificare l’immagine originale del Colosseo, togliendo parti o costruendone di nuove simili, ma aggiunge un elemento strutturale ben visibile che sostenesse la struttura. Sul lato occidentale interviene Valadier che invece ricostruisce una parte mancante degli archi e delle volte che erano andate perse. Ristabilisce così un equilibrio strutturale grazie alla realizzazione di questo contrafforte che è stato costruito in analogia con ciò che era già presente.
Passano così gli anni e le difficoltà, ma non passa la storia e la vera bellezza. Perché anche quando tutto sembra perso c’è sempre una luce di speranza. Così, da rudere a monumento nazionale. Perché tutto passa. Dieci lettere, due parole da tenere a mente. Sempre. Tutto passa anche quando senti di aver toccato il fondo. Quando ti senti solo e quando gli affetti a te più cari raggiungono distanze inarrivabili. E proprio quando meno te lo aspetti, la vita ti sorprende e ti regala un nuovo inizio. Da intraprendere con chi è capitato per caso nella tua vita. Arrivando improvvisamente. Magari aiutandoti inconsapevolmente ad uscire da quella solitudine che ti portavi dentro. E quindi sì. Tutto passa.
“le risposte a tutti i tuoi perché
tutto passa e solo Dio lo sa
quel dolore dentro l’anima
tutto passa
e tu sei qui con me”
Artù – Tutto passa