di Alessandra Virginia RossiFoto di Anna Galluzzi
Amo gli artisti che curano minuziosamente l’artwork dei loro progetti musicali e i Cigarettes After Sex hanno scelto un simbolismo specifico fin dall’uscita del primo EP “I.”. Piume impalpabili, gesti e profili morbidi, tutto ciò che richiama la delicatezza e la fragilità ma è allo stesso tempo intenso e resistente come la carne. Anche il loro nome, decisamente evocativo, sintetizza in breve uno spirito sweet & sour che contiene due piaceri e descrive pienamente un momento di languida sensualità perfettamente resa dall’apprezzatissima voce androgina del cantante Greg Gonzalez.
Sebbene supportato da buoni propositi artistici, però, l’aspetto estetico non è tutto. La monocromia della musica dei Cigarettes rischia di tendere alla piattezza del grigio, soprattutto al confronto con la realtà live.
Sabato 2 dicembre il Monk di Roma ha ospitato la band texana formatasi nel 2008 a El Paso. Subito confermata la cura dedicata all’aspetto scenico che si arricchisce di proiezioni in bianco e nero sul fondale del palco e che alternano malinconiche nevicate a riprese distorte con una lente fish eye e primissimi piani di donne tristi, commosse o addormentate. Tutto coerente, tutto, però, pericolosamente tumblr.
Greg, Randall, Jacob e Phillip fanno il loro ingresso con il consueto atteggiamento distaccato, freddo e teneramente chiuso tipico dello shoegaze che c’è da sperare sia compensato all’attacco, tanto agognato, della musica.
Aprendo con Sunsetz è lecita la speranza che anche solo un tramonto scaldi l’atmosfera ma alle spalle di Greg continua a nevicare e la sua espressione comunica solo distacco quando non completa impassibilità. Non gliene facciamo un rimprovero, visto che poi di tanto in tanto è divertente vedergli accennare un sorriso immotivato, ma che stia cantando di un amore felice o che stia mandando a fanculo la signorina traditrice di Young & Dumb, il risultato non cambia.
Quello dei Cigarettes After Sex è un stile volutamente minimale in quanto dream pop diluito con atmosfere ambient, ma è davvero debole l’effetto restituito dal vivo. Penalizzato dal contesto di un club in cui si riesce molto meglio facendo casino, il suono perde quella forza evocativa data, su disco, dalla pulizia e dalla limpidezza con cui è registrato il tutto.
L’unico momento di coinvolgimento emotivo ci è regalato verso la metà del breve live, durato complessivamente poco più di un’ora, con Each Time You Fall In Love che dalla sua ha un ritornello leggermente più esplosivo degli altri brani e tende a un’apertura tale da riempire finalmente la sala dando prova di quanto avrebbe potuto emozionare un concerto in cui il suono fosse adeguato, qua e là, anche solo per questioni di volume.
Se Gonzalez e soci avranno idee abbastanza forti da produrre un album che dal vivo non risulti una lunghissima monotona traccia, potrebbero riempire auditorium in cui le loro sonorità, una volta arricchite, possano esser messe in risalto come meritano e fare addirittura quel sold out che abbiamo ugualmente concesso loro venerdì a Milano e sabato a Roma.