L’abbiccì dell’architettura – Colapesce / Rito-Lavigne-Virlogeux-Montois


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di Claudia Casali

Non siamo inclini alla felicità. Questo è un dato di fatto. Il fallimento e la sconfitta sono sempre dietro l’angolo. Ma quando tocchi il fondo non puoi far altro che risalire e usare tutte le tue forze. A costo di perdere tutto, a costo di sentirti infedele. Infedele alle tue convinzioni che tutto d’un tratto hai visto svanire. Infedele agli obiettivi che ti eri prefissato e a tutto ciò che ti circonda, ma mai a te stesso.

Non è facile per nessuno essere sempre fedeli. Alle circostanze, alle persone, alle cose. Alla musica. Colapesce lo sa bene e “Infedele” ne è la prova. 8 tracce all’insegna della diversità e della tridimensionalità. Un disco con una spazialità più aperta. Breve ma denso, introspettivo ma collettivo. Carico di immagini ossimoriche, di melodie scomposte e ricomposte. Un tradimento ai generi musicali di tendenza. Un album nato dalla semplice volontà di fare musica. Bella.

Pantalica apre le porte a un disco senza confini geografici. È la necropoli che ha visto nascere uno dei primi insediamenti umani in Sicilia. È quel posto sacro che uccide l’egomostro. Un viaggio simbolico, potente, pieno di energie. Tenuto dentro per vent’anni. Scritto in poco più di cinque minuti. Un giusto connubio tra  gli arrangiamenti tribali e un linguaggio più antico. Tra un beat di batteria elettronica e un riff di arpeggiatore. Tra il sax di Gaetano Santoro e le atmosfere di Iosonouncane.

Ti attraverso e Totale sono i brani più pop del disco. Con storie diverse ma entrambe travagliate. Ti attraverso è un brano scritto negli anni. Prima il pianoforte, poi a distanza di mesi e mesi il ritornello. Infine le strofe, così diverse tra loro. Unite da un piano che si mescola con dei sintetizzatori. Due mondi differenti che si congiungono nel ritornello. Totale è quel brano inaspettatamente ottimista. Pop e fresco, insolito per un cantautore come Colapesce. Firmato a quattro mani con Antonio Dimartino, era stato scritto come singolo per altri artisti. Doveva essere contenuto all’interno del nuovo disco di Luca Carboni ma “Infedele” non poteva farne a meno.


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Vasco da Gama e Decadenza e panna parlano di amore. L’amore visto senza filtri, raccontato attraverso immagini insolite, infedeli per descrive un sentimento così. Le metafore utilizzate per parlare di sesso in Vasco da Gama, le chitarre acustiche, i beat elettronici, i riff di arpa. La magia che si crea all’interno del brano è inspiegabile. Ti travolge e ti trascina dentro il pezzo. Che è forse il più bello di tutto l’album. Con il suo rumore del mare, con il coro tratto da un documentario di Vittorio De Seta sulla pesca del pesce spada. Tutto così inaspettatamente sensuale. La quotidianità e il rapporto di coppia sono descritte in una intimissima Decadenza e panna. Le immagini poetiche e una semplicissima chitarra arricchita di pochi elementi, rendono il brano il più puro del disco. E proprio qui ritroviamo il Colapesce più profondo. Quelli dei primi lavori.

Maometto forse è nato a Milano e Compleanno sono le tracce più elettroniche. La prima dal titolo sembrerebbe la traccia più sacra di tutto il disco. È invece il pezzo più politico di tutti. Disapprovare il qualunquismo dei nostri giorni, senza però giudicare negativamente gli altri. Ispirate a Onda su Onda di Bruno Lauzi, le strofe conferiscono quell’immaginario esotico al brano che contrasta con la Milano cantata nel ritornello. Compleanno è il pezzo in cui la produzione di Jacopo Incani e Mario Conte è più udibile. L’intro, lasciato a un giro di fanfara funebre, è contrastato da una samba e da una cassa quasi deep house presenti nella parte centrale del brano. L’influenza dei produttori, in particolare di Iosonouncane, ha aiutato il pezzo ad ottenere sonorità inusuali per il cantautore siciliano.

Sospesi ci accompagna verso l’uscita. Ma non chiude effettivamente il disco. Una malinconica ballata che lascia col fiato sospeso. Una narrazione incompleta che ti spinge a riascoltare nuovamente il disco. Una dolce melodia, un piano, un’atmosfera un po’ più jazz.


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Un disco senza confini. Non solo musicali, ma anche geografici. Un viaggio verso i luoghi interiori, posti inesplorati della nostra sensibilità. Così come fa un esploratore con nuove terre. Così come ha fatto Vasco da Gama che ha affascinato migliaia di viaggiatori. Che è diventato l’eroe di molti. Anche di Colapesce.

Così se le imprese del navigatore portoghese hanno ispirato in musica Lorenzo Urciullo nella produzione del pezzo più emblematico del disco, in architettura e in ingegneria civile hanno permesso la realizzazione di uno dei progetti europei di maggior successo del XX secolo.

Il Ponte Vasco da Gama è considerato infatti il nono ponte più lungo al mondo e il primo in Europa. Fonte di orgoglio per il popolo portoghese è stato realizzato attraverso il lavoro di un super team. Armando Rito (ingegnere civile), Charles Lavigne (architetto francese), Michel Virlogeux (ingegnere e costruttore edilizio) e Alain Montois (architetto francese). Ecco i nomi dei principali fautori di questa maestosa opera ingegneristica.


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Con i suoi 17.2km di lunghezza e i suoi circa 150m di altezza, il ponte è stato inaugurato il 29 marzo 1998, in occasione dell’Expo ’98. La città di Lisbona ha dato via al cantiere nel febbraio del 1995 e a distanza di tre anni è riuscita a compiere una delle opere più importanti di sempre.  Il ponte che collega Montijo, comune del distretto di Setúbal, a Sacavém, cittadina a nord-ovest di Lisbona, si sviluppa all’interno della Grande Lisbona, sul fiume Tago. Con 3.300 lavoratori impegnati nella realizzazione, circa 730.000 metri cubi di cemento e con un peso dell’acciaio in armatura di circa 100.000 tonnellate, il ponte strallato più importante del Portogallo è stato realizzato prevedendo un’elevata resistenza ai terremoti e ai venti, che raggiungono velocità elevate.

Il Vasco da Gama con le sue sei corsie autostradali ha messo così in collegamento realtà distanti tra loro. L’architettura e l’ingegneria che creano legami, connessioni. Che abbattono confini. Così come fa la musica. Perché non esistono confini di alcun tipo. Politici, religiosi, geografici. Siamo tutti figli di questa Terra emersa da un movimento antico.

 “Nessuna aspettativa c’è il tuo corpo
Una terra emersa appena
Da un movimento antico
Piena di grazia ti avvicini a me
Efficace più di una preghiera
Come il sale su una carne magra”

Colapesce – Vasco da Gama