di Antonio Zarrelli London, 2017.
Il primo live dei Punkreas a Londra per Talassa comincia con una porta. La porta che varchiamo un paio d’ore prima del concerto per incontrare i ragazzi e far loro qualche domanda. Quella porta involontariamente ce la apre Paletta – bassista della band – che ci sorride e saluta. In quel momento ci rendiamo conto di come andrà la serata. La band intenta al sound check lima gli ultimi particolari. Si percepisce nell’aria l’entusiasmo e l’emozione della prima volta. Si percepisce la voglia di suonare di cinque ragazzi che hanno intenzione di onorare la città del Punk, e di farlo a modo loro. Osservare il locale vuoto mentre Gagno dà due colpi alla batteria, Endriù controlla le sue corde, Noyse è un attimo in pausa con il suo cappello alla Sherlock Holmes appena acquistato, e Cippa – il cantante – in piedi, in attesa di scaldare le sue di corde, ci fa solo immaginare cosa potrà accadere tra un paio d’ore. Sentiamo già le vibrazioni. Ma non siamo i soli. Il ritmo delle prove attira nel locale quattro cinque persone che, allegrotte di birra, non si rendono forse conto che non siamo al pub. Ma la rossa che sale sul palco – la prima groupie inglese dei Punkreas? – ci fa pensare che non sarà l’unica stasera. Mentre il pubblico comincia a riempire il locale, già si vedono le facce speranzose di chi è venuto per scatenarsi. Fan della prima ora, addirittura qualcuno venuto appositamente dall’Italia, ma anche dell’ultima, cominciano a fare il toto-scaletta. Dopo qualche bacio e abbraccio con i fan più fedeli, è finalmente tempo di fare due chiacchiere prima del debutto sul palco.
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T. Finalmente un tour europeo dopo quasi trent’anni. Per la prima volta vi esibirete in tre grandi città europee. Questa scelta è stata fatta per accontentare un po’ i tanti italiani che ormai vivono all’estero oppure è semplicemente la voglia di uscire dalla comfort zone e cimentarsi su palchi diversi?
P. Un po’ entrambe le cose. Siamo molti contenti. “Il lato ruvido” è stato accolto molto bene al punto che ci hanno chiesto di venire a suonare all’estero. Per noi è come un nuovo esordio. Abbiamo già avuto esperienze all’estero, ma oggi le nostre emozioni e motivazioni sono le stesse di tanto tempo fa. È un punto di arrivo e un punto di partenza. Inoltre siamo contentissimi ed eccitatissimi, stiamo per suonare nella patria del Punk. Per noi venire a Londra è un po’ come un per un giocatore di basket andare a giocare in Nba. I trent’anni insieme e tutte queste cose ci danno grande motivazione e stimoli
T. Nel 2016, anno di uscita de “Il lato ruvido”, Londra ha festeggiato i 40 anni dalla nascita del Punk con le più svariate attività. C’è un futuro, secondo voi, che avete condiviso il palco con i Sex pistols, per la musica punk? Le nuove generazioni la potranno vedere come un’espressione creativa capace di rigenerarsi o semplicemente il punk andrà dritto nelle vetrine dei musei?
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P. La situazione generale, non solo in Italia, è complicata. Intere generazioni, soprattutto quelle più giovani si trovano in una condizione paradossalmente peggiore della nostra. Sono stati privati di molto, speranze, lavoro, sogni. Di fatto il “no future” è oggi forse più attuale che mai. Il Punk, non tanto come genere musicale, ma come approccio artistico, e di vita in genere, adesso è una strada sicuramente percorribile.
T. Vi ho sempre visti come “uomini di libertà”. La “Libertà” è forse la forza motrice che vi spinge da quasi trent’anni sui palchi. Avete sempre comunicato messaggi di consapevolezza, presa di coscienza, di protesta se necessaria. Si potrebbero citare decine di vostre canzoni. Mediterraneo Coast to Coast, selezionata per il premio Amnesty International ne è l’ultima conferma. Negli ultimi tempi l’Italia è nella morsa di scontri ideologici e sociali. Quando tornerete in Italia dopo questo Tour, troverete un paese più o meno libero rispetto a quello del 1989, quando nei pub birra, pogo e libertà mostravano la prima voce dei Punkreas?
P. Parlare d’Italia forse è riduttivo. Diciamo che è un paese solito attaccarsi al carrozzone di quanto accade fuori. Adesso poi, più che dalla politica, le scelte sono fatte dalle forze economiche in gioco. Onestamente parlando, la situazione non è affatto buona. Ci troviamo in un momento in cui gli equilibri sono molto delicati, dato che dalla crisi vengono sempre fuori limitazioni della libertà da parte delle forze di potere. Forze di potere che giocano sulle paure delle persone che finiscono per accettare una limitazione alle proprie libertà barattandola per una sicurezza che poi non avranno mai. Da qui il timore che si vada sempre verso il peggio. L’unica speranza è che la società trovi una nuova consapevolezza, soprattutto nelle nuove generazioni. In fondo “Il lato ruvido” dice questo. Andate, ragazzi, in questa situazione non vi può bastare il vostro atteggiamento di sarcasmo un po’ distaccato o al massimo di egocentrico malessere. Muovetevi al di là degli intellettualismi, di quei professori che studiano libri e libri per capire come va il mondo e poi finiscono per raccontartelo quando ormai il tempo è passato. Ci dicono ora che è caduto il muro di Berlino.
T. Mi confermate che nell’ultimo vostro album c’è una tendenza al movimento, all’andare, al non fermarsi non solo in senso fisico. Già i titoli danno questa impressione, Salta, Dal tramonto all’Alba, In fuga, Mediterraneo Coast to Coast, Milano – Modena. Come trovate le nuove generazioni, spesso additate di trascorrere più tempo sulle tastiere che nelle piazze?
P. Come dicevamo, mettersi in gioco e andare avanti è la cosa più importante. A modo nostro ci siamo messi in gioco anche ricercando nuove collaborazioni e nuove esperienze musicali, anche i testi delle nuove canzoni sono più soggettivi. Il movimento deve tornare a essere il motore del futuro. Magari si potrà anche sbagliare, perché le ricette che avevamo prima forse ora non sono più valide. Conta tirare fuori il lato ruvido e provare, perché a star fermi si rimane fregati.
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