L’abbiccì dell’architettura – Alejandro Aravena


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di Claudia Casali

“L’abbiccì dell’architettura” ci ha accompagnato in questo breve percorso alla scoperta di architetti e architetture presenti nel mondo: partiti da Zaha Hadid, fino ad arrivare a Tange, oggi la rubrica farà un piccolo balzo, portandoci alla lettera “A”, per farci parlare di Alejandro Aravena, direttore dell’ultima Biennale di Architettura di Venezia. Il mese di novembre sarà dunque dedicato alla scoperta dei protagonisti e dei temi della Mostra Internazionale di Architettura che a fine mese chiuderà i battenti e che, come ogni edizione, ha richiamato migliaia di visitatori. Dopo aver studiato allo IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia) e aver vinto il “Leone d’argento” per promettenti giovani architetti nella XI edizione della Biennale di Venezia, Aravena vince nel 2016 il “Premio Pritzker” in quanto rappresentante della rinascita della figura dell’Architetto come entità socialmente impegnata che pone al centro delle proprie opere la società con i relativi problemi sociali.


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Alejandro Aravena (Santiago del Cile, 22 giugno 1967), architetto cileno laureatosi presso l’Università Cattolica del Cile, ha fondato nel 1994 il proprio studio per passare poi, nel 2001, alla direzione di Elemental, un Do Tank impegnato in progetti d’interesse pubblico e a impatto sociale. Una tra le opere di maggior successo realizzate da Aravena e i suoi collaboratori risulta essere il Centro di Innovación UC Anacleto Angelini, considerato come uno dei trenta migliori edifici costruiti in America durante il XXI secolo. Commissionato dal Gruppo Angelini e ospitato all’interno del campus dalla Pontificia Università Cattolica del Cile, il progetto prevedeva la realizzazione di un centro che rendesse possibile l’incontro di realtà tra loro distanti quali aziende, attività commerciali e ricerca universitaria, creando un unico polo in cui convergessero necessità pratiche e conoscenze accademiche. Per questo motivo tutta la struttura presenta luoghi di incontro che favoriscono la comunicazione tra persone che abbiano qualcosa da condividere con gli altri, a partire dalle hall degli ascensori, per passare alle piazze elevate presenti in tutto l’edificio, e arrivare infine all’atrio centrale, completamente trasparente per permettere la comunicazione anche con l’esterno.


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Questi accorgimenti, insieme alla volontà di stravolgere in pianta gli spazi dedicati agli uffici (da nucleo centrale di servizi e circolazione a un nucleo aperto centrale che favorisce l’incontro tra persone), sono dettati non solo da motivi strettamente funzionali, ma anche dalla volontà di adeguarsi all’innovazione e al progresso che l’edificio stesso deve ospitare. La scelta dei materiali, la forma data all’edificio e le tecnologie utilizzate sono tutte il risultato di un attento studio volto a salvaguardare la vita stessa dell’opera. La volontà di non realizzare le facciate in vetro, dettata dal clima locale, evita di trasformare l’edificio in una vera e propria serra, agevolando inoltre la vita energetica del complesso che, con i giusti accorgimenti, non deve appropriarsi di tecnologie avanzate per evitare di assorbire eccessivo calore. Inoltre, il non uso di pareti esterne vetrate ha reso possibile uno studio più ricercato del design dell’edificio stesso: una geometria ben definita, accompagnata da una forte materialità monolitica, ha reso possibile riportare in auge una forma senza tempo lontana dalla standardizzazione degli edifici contemporanei. La scelta di rendere esternamente l’edificio opaco ha agevolato non solo l’impatto energetico della struttura, ma ha anche aiutato ad attenuare la forte luce che colpisce gli spazi di lavoro e studio.


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L’intera struttura, costata complessivamente 18 milioni di dollari, è stata definita da “Architettura Viva” come un Totem Bioclimatico ed è stata vincitrice del premio “Design dell’anno 2015” per essere un esempio all’avanguardia di progettazione sostenibile.Se l’architettura cilena deve dunque molto ad Aravena e alle sue innovazioni, la musica cilena non può far altro che ringraziare Ana Tijoux, musicista cilena classe 1977, che ha conquistato il pubblico mondiale attraverso le proprie canzoni che, come le architetture di Aravena, affrontano tematiche sociali molto forti.

“Tu nos dices que debemos sentarnos
Pero las ideas solo pueden levantarnos
Caminar, recorrer, no rendirse ni retroceder
Ver, aprender como esponja, absorbe
Nadie sobra, todos faltan, todos suman
Todos para todos, todo para nosotros“
Ana Tijoux  Somos sur