di Gabriele Naddeo
Pt. I – Acknowledgement
A Love Supreme.
A Love Supreme.
A Love Supreme.
Le uniche tre potentissime parole pronunciate da John Coltrane durante tutta la durata del disco.
Nella minuscola parentesi di questi quattordici caratteri, inclusi gli spazi, ci sono, in ordine sparso: la fine degli anni Novanta, un insistente quanto immortale riff di contrabbasso in Fa, mio padre che mi guarda divertito, imitando il vocione del signor Trane e ricevendo in cambio un’occhiata a metà tra il curioso e l’indifferente.
‘A Love Supreme!’ – dice lui. ‘A Love Supreme’ gli fa eco il vinile sul giradischi.
Mi ci sono voluti una quindicina d’anni e una massiccia dose di quei paterni ‘a-love-supreme’ ripetuti come un mantra per dare un senso a queste tre parole dell’album e a tutta la meraviglia che le gravita intorno.
‘GONG!’ fa il gong durante il primo secondo dell’album. ‘GONG!’ fa la mia testa, mentre scompare quell’ombra di indifferenza dallo sguardo.
Pt. II – Resolution
‘Lo senti il piano?! Ma tu lo senti?!’
Che siano di McCoy Tyner le note in sottofondo o di un alieno non ci è dato sapere. La cosa certa è che, ancora una volta, ad accompagnarle c’è la voce di mio padre. Quasi mi stupisco quando riascoltando il disco da solo, abbastanza lontano da casa, non parte nessun tipo di commento in concomitanza con l’assolo del piano. Per sicurezza controllo il booklet dell’album e, niente, scopro con stupore che effettivamente il nome di mio padre non compare tra i credits ufficiali.
Pt. III – Pursuance
‘Moby Dick’ dei Led Zeppelin mi è sempre piaciuta tantissimo, davvero. A 15 anni ascoltavo con piacere tutto l’assolo di batteria senza skipparlo e facevo uguale con ‘The Mule’ del “Made in Japan” dei Deep Purple. A 15 anni, però, non avevo la più pallida idea di chi fosse Elvin Jones e l’intro di ‘Pursuance’ l’avevo abbondantemente ignorata, nonostante i consigli di cui sopra. Scusami Elvin, se solo avessi saputo. Sia chiaro: nulla togliere a John Bonham e Ian Paice, ma quest’improvvisazione di un minuto e mezzo che apre la canzone è un capolavoro nel capolavoro.
Pt. IV – Psalm
‘Psalm’ non inizia davvero quando c’è scritto ‘Psalm’ nella tracklist. Affatto. ‘Psalm’ inizia alla fine di ‘Pursuance’, verso lo scadere del settimo minuto, esattamente quando Jimmy Garrison fa volare il contrabbasso e riporta l’ascoltatore nel mood giusto, prima della mazzata finale di Coltrane: una poesia, presente anche nel libretto, scritta dallo stesso musicista e qui ‘recitata’ col sassofono al posto della voce.
‘Recitata’ col sassofono al posto della voce: una cosa del genere mi fa impazzire anche solo a pensarla.
Allora un giorno, arrivato ancora una volta verso la fine del settimo minuto di ‘Pursuance’, probabilmente mi scapperà fuori con entusiasmo incontenibile un ‘Lo senti il contrabbasso?! Ma tu lo senti?!’, prima di ammutolirmi del tutto e godermi la preghiera personale di Coltrane in chiusura del disco. Ancora una volta non del tutto convinto del perché su quei credits del booklet non compaia ancora il nome di mio padre.
https://www.youtube.com/watch?v=p3L-gL4XmjM