L’abbiccì dell’architettura – William Van Alen


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 di Claudia Casali

Tra meno di due mesi si terranno le elezioni presidenziale negli USA, elezioni che vedono di fronte la candidata democratica Hillary Clinton e il repubblicano Donald Trump. Nell’ultimo periodo la figura di Trump è stata al centro di numerosissime polemiche a causa delle forti affermazioni su questioni politiche che ormai da diversi anni dividono il mondo, quali immigrazione e armi da fuoco. Il candidato repubblicano, oltre ad essere un politico e un noto personaggio televisivo americano, è un imprenditore statunitense che ha creato un vero e proprio impero soprattutto nella città di New York, dove sono presenti diversi grattacieli costruiti proprio in suo onore. Questi edifici sono ormai entrati a far parte integrante di uno degli skyline più famosi al mondo – una volta dominato dalle Torri Gemelle – che ingloba al suo interno strutture di grandissima importanza come l’Empire State Building e il Chrysler Building. Con i suoi 319 metri di altezza, 77 piani e 3862 finestre il Chrysler Building, massima rappresentazione del capitalismo americano, è considerato uno tra i più importanti esempi architettonici in stile Art Decò ed è stato definito da numerosissimi architetti come uno tra gli edifici più belli al mondo.

William Van Alen (Brooklyn, 10 agosto 1883 – New York, 24 maggio 1954), architetto americano, realizza l’opera per  Walter Percy Chrysler, noto imprenditore automobilistico statunitense. Chrysler, oltre a commissionare il progetto, diventa parte integrante per la realizzazione dell’opera facendo inserire dieci piani aggiuntivi e alcuni elementi stilistici a richiamare il mondo delle automobili. I tappi alati dei radiatori nella parte sommitale del basamento, posti al 31° piano, e la stilizzazione di ruote automobilistiche rappresentate nei fregi, ne sono un esempio. Dopo esser stato sede della Chrysler e proprietà privata dell’omonima famiglia fino al 1953, oggi il grattacielo ospita alcuni appartamenti residenziali, uffici e un intero piano dedicato alle attrezzature tecniche. L’edificio è stato inoltre dichiarato come “National Historic Landmark” nel 1976 e come “New York City Landmark” nel 1978. Il grattacielo, rivestito esternamente con mattoni di color grigio chiaro, si articola in tre parti: la prima parte, composta da un basamento quadrato di 31 piani, è sormontata da una struttura alta approssimativamente 170 metri (seconda parte) al di sopra della quale, precisamente a partire dal 61° piano, si erige un modulo in pianta quadrangolare composto da pareti perimetrali che culminano con archi a tutto sesto (terza parte).


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La sommità del grattacielo è caratterizzata da una cuspide con finestre triangolari che presenta una guglia, in acciaio inossidabile, alta circa 40 metri, montata in gran segreto in meno di due ore per poter vincere la competizione, nata proprio in quegli anni, che vedeva contrapporre l’opera di Van Alen e il Trump Building di Severance. Per vincere il titolo di edificio più alto al mondo Severance decide di aggiungere segretamente al progetto originale due piani aggiuntivi per poter così superare l’opera di Van Alen. Anche la costruzione della guglia del Chrysler Building però, è portata avanti in segreto  tanto che  Severance, una volta terminato il tempio dell’imprenditore automobilistico, vede improvvisamente fallire il proprio sogno. Il titolo viene dunque dato al Chrysler Building che però detiene il primato solo per un anno quando, nel 1931, l’Empire State Building lo supera con una ventina di piani, deludendo le aspettative e i desideri degli americani Chrysler e Van Alen.

Ma alle aspettative e ai desideri dei grattacieli e dei palazzi stessi qualcuno ci ha mai pensato? Lucio Corsi, giovane cantautore toscano, in un brano del suo ultimo lavoro descrive i desideri di un edificio. Van Alen dunque sarà mai riuscito a rendere il proprio capolavoro un “grattacielo felice”?

 

 “Tutti questi palazzi
vorrebbero esser grattacieli.
E pensare che i grattacieli
vorrebbero solleticar le stelle.
E pensare che i grattacieli
vorrebbero avere una faccia,
vorrebbero avere il naso e una bocca
per parlare del più e del meno
quando piove, quando c’è la nebbia
o il cielo sereno.”

Lucio Corsi  Migrazione generale delle campagne alla città