di A.Z.
Le ricorrenze. La storia dell’Umanità in genere viene solitamente raccontata in vari modi. Uno di quelli che più mi interessano è la ricorrenza. In un mondo pieno di informazioni di tutti i tipi e di vari interessi e importanza, un modo per selezionare cosa approfondire è proprio la ricorrenza. Proprio ora, mentre scrivo queste righe, che voi leggerete tra qualche giorno, mi trovo a pensare al famoso 11 settembre di quindici anni fa. Io lo ricordo molto bene, era l’inizio del mio secondo anno universitario. Non ricordo affatto, perché non ero nato, il forse meno noto, ma non meno importante per chi l’ha vissuto e per molti altri, l’11 settembre del 1973, giorno del golpe cileno. Ma non è di questo che voglio scrivere oggi.
Come sempre in questa rubrica, vi voglio parlare della cornice dell’ultimo racconto. Il filone conduttore della nostra storia a puntate è negli anni trenta, ma nell’ultima ho voluto raccontare un pezzo della gioventù del padre. Per un uomo adulto degli anni trenta, britannico, pensare alla gioventù significa pensare alla guerra. E se ogni nazione ha i suoi episodi chiave, positivi o negativi, in guerra quasi sempre negativi anche dopo una vittoria, la Gran Bretagna non può non avere a mente la campagna in Francia della Prima Guerra Mondiale. Siamo oggi nel centenario delle battaglie di Verdun e della Somme. Queste battaglie, soprattutto la seconda, hanno ancora oggi un forte impatto sulla coscienza degli inglesi. Sarà perché la guerra di trincea è forse stata quella più devastante per l’animo di soldati chiusi come topi in trappola, sarà perché gli inglesi sono stati sempre abituati a fare la parte del più forte in guerra, sarà qualsiasi cosa, ma sembra ancora una ferita aperta.
È come se in qualche modo, a ricordare certi eventi, si voglia chiedere scusa a tutti i giovani che hanno perso la vita, molti dei quali senza neanche capire a fondo il perché. Come se si voglia chiedere scusa per le vite interrotte e per un futuro mai scritto. Londra è piena di ricordi, statue, pietre, monumenti vari. Interi gruppi di persone, veterani e altri che per lungo tempo indossano il papavero in ricordo dei caduti. L’Imperial War Museum, e non solo, presenta testimonianze incredibili di tutte le guerre britanniche. La statua di Churchill che guarda il Big Ben, quella di Nelson che svetta su Trafalgar Square. Il grande impero Britannico in guerra, a testa alta sempre e con sguardo al futuro radioso di tutti i sudditi. Ma la guerra di trincea alla Somme (1luglio-18 novembre 2016) è stata devastante. Gli inglesi hanno portato a casa una vittoria tattica, forse, ma certamente piena di sangue e definibile un sostanziale pareggio. Hanno riconsegnato alle famiglie soldati che per sempre avrebbero tenuto addosso i segni delle battaglie. A volte, ancor peggio, i segni più atroci non sarebbero stati visibili a un primo sguardo, ma se li sarebbero ritrovati nella mente a rovinargli l’intera esistenza. Basta vedere qualche serie televisiva, Selfridges, Peaky Blinders, tanto per citarne due a caso che non hanno la guerra come tema principale, per notare l’impatto che questa ha avuto su intere generazioni. Insomma, mi sono voluto immaginare un ragazzo, fuori dal mondo e da se stesso, in una trincea, che a un certo punto decide di provare ad aggiustare l’unico oggetto che nelle interminabili giornate riconcilia gli animi dei soldati con la propria esistenza. Un grammofono. Non sarà pronto per aggiustarlo, il ragazzo, ma sarà l’inizio di un percorso in cui proverà ad aggiustare gli oggetti.
Non è complicato trovare maggiori informazioni sulla guerra. Vi voglio solo dire che a fine della Battaglia della Somme le cifre delle perdite sono all’incirca queste: 419.654 sudditi dell’impero britannico (di cui 350.000 provenienti dal Regno Unito), 204.253 francesi per un totale di 623.907 tra gli alleati (di questi 146.431 dispersi), circa 600.000 perdite tra i tedeschi. Insomma numeri che non danno ragione a nessuno. L’unica cosa da pensare è che di papaveri, eventi celebrativi, statue e pensioni di invalidità forse il mondo non dovrebbe averne più bisogno, e oggi, come sempre, l’unico obiettivo dovrebbe essere quello di non creare altre ricorrenze.