di Gabriele Naddeo
Premessa Numero 1.
Non saprei dirvi bene perché, ma gli Oasis mi sono sempre stati un po’ sul cazzo. A pelle e a prescindere. Come quando un amico ti presenta quel suo amico e a te risulta irritante ancor prima di conoscerne il nome. Siamo tutti d’accordo sulla stupidità di un ragionamento del genere, ma sono cose che succedono, in fin dei conti. Fatto sta che dopo svariati anni d’odio immotivato, mi sono deciso a comprare “(What’s the story) Morning Glory?”, all’improvviso e per un’altrettanta immotivata voglia di provare a smantellare quel pregiudizio dopo un giorno qualunque.
Premessa Numero 2.
Dopo l’immersione temporanea in “(What’s the story) Morning Glory?” ho deciso di dividere questa recensione-fuori- tempo-massimo in tre differenti capitoli autonomi. A voi la scelta di leggerli tutte e tre, magari due, anche uno soltanto o (ebbene sì) nessuno. Queste le tre sezioni: 1.Le canzoni che non sono Wonderwall, Don’t Look Back in Anger e Champagne Supernova, 2. Wonderwall, 3. Don’t Look Back in Anger e Champagne Supernova.
1.Le canzoni che non sono Wonderwall, Don’t Look Back in Anger e Champagne Supernova
Dopo il primo vero ascolto attento di “(What’s the story) Morning Glory?” mi è successa una cosa presuntuosissima: ho bollato frettolosamente come ‘passabili’ tutte le canzoni del disco che non fossero le tre citate nel titolo di questa sezione. A questo punto, però, è entrata in gioco la cabina della doccia a mettermi di fronte la mia stupidità e l’evidenza che il secondo disco degli Oasis è una stramaledetta bomba britpop. La doccia non mente mai: è il luogo/non-luogo in cui ti ritrovi a canticchiare in modo onesto le prime cose che ti vengono in mente, il che la rende di gran lunga più compromettente della sessione privata di Spotify. Ecco che già dopo un solo, banalissimo ascolto mi sono ritrovato a scimmiottare tra uno shampoo e una phonata pezzi tipo ‘Hello’, ‘Roll With It’ e ‘Some Might Say’. Mi incazzavo e cantavo, cantavo e mi incazzavo nuovamente per il fatto di cantare frasi come ‘Nobody ever seems to remember life is a game to play’, ma nel frattempo eccome se le cantavo.
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2.Wonderwall
‘Wonderwall’ è per me un caso delicatissimo, ecco perché cercherò di buttar giù le idee tutte insieme e quanto più rapidamente possibile. Non è certo la canzone più bella del disco. La voce di Liam in questo pezzo è irritantissima e non ce la faccio a pensarla diversamente (scusami Liam, tanto che ti frega resta pur sempre un inno generazionale). È un brano di una potenza pop disarmante, forse il brano più pop degli anni ’90 in assoluto. È la canzone voce-chitarra che funziona praticamente sempre, l’asso nella manica da giocarsi in qualsiasi occasione e che, vuoi o non vuoi, ti ritroverai a cantare per l’ennesima volta con: A) voce annoiata e sguardo assente (versione sobria, la più rara) o B) a squarciagola e scandendo con forza il “meibi” e lo “iuar mai uonderuol’ del ritornello (versione ubriaca, la più gettonata).
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Don’t Look Back in Anger e Champagne Supernova